SPECIALE AUTORI VENEZIA 70
Ipotesi e certezze
Ci aveva scherzato ai tempi dei Monty Python sul senso della vita. Questa volta, invece, Terry Gilliam sembra fare sul serio e a distanza di quattro anni da Parnassus – L’uomo che voleva ingannare il diavolo, il suo nuovo film arriva a Venezia con la promessa di svelare il mistero dell’esistenza.
Tra gli spettatori del Lido cresce l’attesa; ma non è il Sacro Graal del maestro ad incuriosire cinefili e addetti ai lavori, anche perché chi, memore di aver vissuto le stesse aspettative in passato, teme che il tutto possa rivelarsi una bolla di sapone, come fu per il The Fountain – L’albero della vita di Aronofsky, che, nel 2006, acclamato all’arrivo, finì solo col prendersi una bordata di fischi in sala. Da quel poco che si conosce di The Zero Theorem, è più facile ipotizzare un film grottesco in un futuro a metà strada tra Matrix e Strange Days piuttosto che un’opera esistenziale in stile Aronofsky o Malick. La storia – ambientata in un mondo distopico dove un sistema di sorveglianza controlla la popolazione – dovrebbe raccontare la vita solitaria di un hacker (Christoph Waltz), distratto da una donna virtuale, mentre lavora alla ricerca di una spiegazione definitiva sull’origine della vita.
Ad ogni modo, impossibile trovare delle anticipazioni nella trama o immaginare come sarà realmente rappresentata quando ad elaborarla è l’ironico autore del Monty Python’s Flying Circus, il regista visionario ed eclettico di Brazil e Paura e delirio a Las Vegas, lo stesso capace di trasformare un’opera sperimentale come La jetée di Chris Marker in uno straordinario thriller fantascientifico fedele alle regole di una classica produzione hollywoodiana. Nei recenti I fratelli Grimm e l’incantevole strega, Tideland e Parnassus, Gilliam sembra meno ambizioso e orientato verso i toni più leggeri della commedia fantasy, ma l’inconfondibile stile del regista di Minneapolis si vede anche dietro lavori commerciali dove continua a rimodellare immagini e contenuti per trasformarli in un’estetica personale volta ad amalgamare forme d’arte differenti, con ironia, sarcasmo e trovate fuori dal comune. È forse l’unico regista contemporaneo che ci ricorda il grande Orson Welles, con il quale condivide, se non altro, la sfortuna di non essere mai riuscito a portare a termine tutti i progetti che avrebbe voluto realizzare. L’unico dubbio sulla riuscita di The Zero Theorem è proprio legato alle difficoltà incontrate durante la produzione. Per tre anni il progetto rimase accantonato e Gilliam decise di abbandonarlo e girare i due cortometraggi The Legend of Hallowdega e The Wholly Family. Appena ricominciarono i lavori sul set, nel 2012, le riprese vennero spostate in Romania. Christoph Waltz sostituì Billy Bob Thornton, Dean Zanuck prese in mano la produzione a causa della morte del padre Richard, avvenuta nello stesso anno. Alla fine di un cammino travagliato, c’è ora grande curiosità di sapere qual è il prodotto finale. Scampato il pericolo di trovarci di fronte ad un altro Don Chisciotte (come raccontato in Lost in la Mancha di Keith Fulton e Louis Pepe), anche se non troveremo risposte alle domande che da secoli tormentano l’umanità, siamo sicuri (vogliamo sperarlo) che l’inventiva di Terry Gilliam ci regalerà qualcosa in più delle solite distopie futuristiche da troppi anni riproduzioni scontate di modelli già visti in passato.