Milano Film Festival, 5 – 15 settembre 2013
“A simple life”
Singapore, 1997: annus horribilis delle borse asiatiche. Mentre le bolle prodotte dalla finanza speculativa esplodono trasformando lavori e risparmi in brandelli di sogni, Teresa parte dalle Filippine per lavorare come baby-sitter presso una famiglia della middle class cittadina. Un viaggio della speranza concepito come parabola di un mondo in decadenza, perché la crisi si invera solo se vista dalla prospettiva del singolo, nel suo deflagrare lento e subdolo tra la disperazione di vite svendute alla logica del profitto.
Il debutto del giovane regista coreano Anthony Chen – vincitore con questo lungometraggio della Camera d’Or al festival di Cannes 2013 e autore già noto al pubblico del Milano Film Festival – è un’opera che lavora di intrecci e risonanze, mescola echi di tragedie su scala mondiale al senso del vivere di ogni giorno e sceglie – ostinatamente, minuziosamente – il ritmo reale dell’esistenza, la spontaneità del gesto oltre l’artificio della recitazione. “Ho un atteggiamento ossessivo-compulsivo nei confronti dei miei film: esigo dai miei attori adesione totale alla sceneggiatura ma ricerco, anche, la più totale naturalità” (Anthony Chen). Naturale è il disfacimento progressivo di un nucleo famigliare sotto il peso di una crisi incomprensibile, che permea lo sfondo di una vicenda squisitamente intimista, ne determina i risvolti drammatici ma non ne esaurisce il senso in un disumanizzante “effetto domino”. Oltre il pietismo facile, oltre una commiserazione di circostanza – trappole narrative che Chen evita con grazia e maestria – sono i volti di Teck, Hwee Leng, Teresa e del piccolo Jiale a “parlare” di frustrazione, gelosia, speranza, paura: testimonianze fisiche ed emotive di un sistema, quello capitalistico, votato al fallimento; indicatori di una banalità del male che corrode i rapporti tra gli individui fino a dilaniarli. Liberamente ispirato a una vicenda personale del regista – che però, ci tiene a precisarlo, non lo considera un film puramente autobiografico – Ilo Ilo è evocazione di un luogo geografico che si fa luogo dell’anima, momento di formazione nel percorso di crescita di un bambino in crisi di affettività, metafora di una fase di passaggio oltre la quale non esistono più angoli oscuri nei quali nascondersi. La realtà coniugata secondo il tempo della perdita, della presa di coscienza, del cambiamento necessario: tempo doloroso ma raccontato da Chen con leggerezza e ironia, nel rispetto dei suoi personaggi e dei loro drammi laceranti perché “Ilo Ilo è un film piccolo ma dal cuore grande”. Cuore generoso, autentico.
Ilo Ilo [id., Singapore 2013] REGIA Anthony Chen.
CAST Koh Jia Ler, Angeli Bayani, Chen Tian Wen, Yeo Yann Yann.
SCENEGGIATURA Anthony Chen. FOTOGRAFIA Benoit Soler.
Drammatico, durata 99 minuti.