SPECIALE SOFIA COPPOLA
Opere generazionali
Non si sa bene come, ma non esiste ragazzo degli anni ’80 e ’90 che non abbia visto Il giardino delle vergini suicide. E con tutta probabilità l’avrà visto in un annoiato pomeriggio televisivo, senza dar troppo peso a quello che stava guardando, per poi rendersi conto solo anni dopo del reale potenziale del film.
Così, parlando del più e del meno con amici e conoscenti, salterà fuori che tutti abbiamo in comune la visione di quel film, “quello delle vergini suicide”. Sofia Coppola realizza il suo primo lungometraggio rimanendo in disparte, lasciando cioè che la sceneggiatura, tratta da un romanzo di Jeffrey Eugenides, si dipani su tutto lo spazio e il tempo a sua disposizione. L’ennesima visione distorta dell’american dream diventa qui una riflessione suadente e a tratti ipnotica, complice anche la colonna sonora firmata AIR. E non è solo nell’ausilio del gruppo francese che la Coppola ricerca un mood francofilo: con atmosfere dilatate e una certa attenzione storica, la regista si protende verso quegli elementi che esploderanno poi in Marie Antoinette, seppure ribaltati. Il film, nel suo complesso, rimane fuori dalla banalità dello stereotipo, sviluppandosi attraverso immagini e snodi narrativi forti, senza dubbio politicamente scorretti rispetto alla mentalità su cui si imperniano. Ed è particolare come un film che propone svariate modalità di suicidio “per ragazzi” abbia fatto presa (in qualche modo colpito) proprio gli spettatori della stessa età delle protagoniste, ma soprattutto il fatto che tutto ciò sia passato pressoché inosservato dalla società middle class e dagli wasp d’oltreoceano, solitamente sempre in guardia rispetto agli attacchi a loro rivolti. Altro particolare da notare è che il film sia stato prodotto dalla casa di famiglia, l’American Zoetrope, fondata dal padre Francis e adesso posseduta dai figli. Del resto però la regista, a prescindere da questo primo titolo, ha avuto modo in molte occasioni di dimostrare il fatto suo e liberarsi così (almeno in parte) dello spettro del padre. In poche parole Il giardino delle vergini suicide ha avuto la capacità di funzionare sulla lunga distanza, di insediarsi nel nostro immaginario filmico e imprimervisi con la forza di poche immagini pseudo-fotografiche: che si tratti di profumi e trucchi su una toeletta da camera davanti ad una finestra o di una ragazza con la testa nel forno, tutti corriamo rapidamente con il pensiero a questo film.
Il giardino delle vergini suicide [The Virgin Suicides, USA 1999] REGIA Sofia Coppola.
CAST James Woods, Kathleen Turner, Kirsten Dunst, Josh Hartnett, Danny DeVito.
SCENEGGIATURA Sofia Coppola (tratta dal romanzo Le vergini suicide di Jeffrey Eugenides). FOTOGRAFIA Edward Lachman. MUSICHE AIR.
Drammatico, durata 97 minuti.