A PROPOSITO DEL REMAKE…
Il futuro della privatizzazione
Più che un film, RoboCop è un personaggio. È un’icona degli anni ’80, il superpoliziotto violento, protagonista di una serie di film piuttosto reazionaria. È fin troppo facile scordarsi che il film di Paul Verhoeven, quello che ha lanciato il personaggio e la serie di film, aveva una profondità che poche pellicole di genere hanno. RoboCop è un incubo cronenberghiano sulla fusione tra uomo e macchina ambientato in un futuro distopico dove il capitalismo la fa da padrone.
Verhoeven è abituato a essere frainteso. È accaduto anche con Starship Troopers, che proprio come RoboCop ha generato due sequel indegni e totalmente privi dell’ironia del regista olandese. Per farsi prendere sul serio è dovuto passare al film di guerra col premiato Black Book, ma i contenuti c’erano già nei suoi film più commerciali. La Detroit di RoboCop è una distopia lucente, un futuro prossimo dove i problemi del divario tra ricchi e poveri e della criminalità si sono esasperati. Una classe dirigente di capitalisti senza scrupoli ottiene una nuova vittoria: l’appalto per gestire il settore della polizia, finalmente privatizzato. Dei manager arrivisti si danno battaglia per far prevalere la propria idea sul rinnovo delle forze dell’ordine, la sicurezza dei cittadini è l’ultimo dei problemi. Nel frattempo, Alex Murphy (Peter Weller), un poliziotto tutto lavoro e famiglia, viene crivellato a morte da un gruppo di malviventi. Il suo corpo sarà il punto di partenza per la costruzione del primo cyborg poliziotto. È così che nasce RoboCop, morto e risorto come esperimento di laboratorio. L’immaginario biblico non è casuale e influenza il film anche sul piano visivo, si veda la famosa scena in cui RoboCop “cammina sulle acque”. RoboCop è nient’altro che un gadget vistoso, un giocattolone da testare sul campo in vista della produzione in serie. È un esperimento fallito perché la sua parte umana lo tormenta con ricordi confusi e lo induce in piccoli gesti che appartengono al defunto Alex Murphy. Il cyborg doveva solo essere un modello di polizia ottusa, un eroe dell’opinione pubblica efficientissimo nel pizzicare i piccoli malviventi. Invece, la sua ricerca automatizzata del male lo porta a ribellarsi contro i suoi “genitori” diventando l’anticorpo del sistema che lo ha generato. Purtroppo a RoboCop manca il libero arbitrio e quindi la sua ribellione non potrà realizzarsi davvero. Alla fine ammazzerà qualche CEO inadempiente per poi tornare alla ronda di routine.
RoboCop – Il futuro della legge [RoboCop, USA 1987] REGIA Paul Verhoeven.
CAST Peter Weller, Nancy Allen, Dan O’Herlinhy, Ronny Cox, Kurtwood Smith.
SCENEGGIATURA Edward Neumeier, Michael Miner. FOTOGRAFIA Jost Vacano. MUSICHE Basil Poledouris.
Azione/Fantascienza, durata 102 minuti.