22 FEBBRAIO: OMAGGIO A LUIS BUÑUEL
Le infinite e beffarde vie della Provvidenza
Può sembrare una definizione paradossale e beffarda visto che stiamo parlando di Luis Buñuel, di cui una delle frasi più celebri è “Ringrazio Dio di essere ateo!”, ma L’angelo sterminatore può essere considerato (anche) una parabola biblica, ribaltata nella rappresentazione più immediata, ma non più di tanto nel senso finale.
Del resto, che il regista spagnolo sia stato in qualche modo affascinato dal senso del sacro, per quanto riletto e accompagnato dalle sue firme tipiche dell’irriverenza sarcastica e surreale, lo si capirà ancora meglio qualche anno dopo con un altro dei suoi capolavori: La via lattea. Volendo semplificare con uno slogan abbastanza diffuso, un po’ semplicistico ma che rende l’idea, potremmo dire che Buñuel era “anticlericale ma non antireligioso”, e che suo obiettivo era la religione come consuetudine sociale e di classe, status symbol ipocrita dell’alta borghesia, rimanendo in qualche modo affascinato dall’essenza più mistica e immateriale dell’esperienza religiosa. L’angelo sterminatore non solo è aperto e chiuso da citazioni tratte dal Libro dell’Apocalisse, ma è continuamente attraversato da riferimenti biblici, dei quali i più evidenti sono gli agnelli sacrificali molto ricorrenti nell’Antico Testamento; ma contribuiscono anche la scenografia e gli ambienti, con le immagini di Santi e Madonne dipinte sui muri che circondano la stanza in cui il gruppo dei protagonisti rimane misteriosamente imprigionato, e che sembrano continuamente osservarli dall’alto. Inoltre, pur ben sapendo che lo stesso Buñuel si rifiutava di spiegare il significato dei simboli sparsi nelle sue opere, e consci che stiamo percorrendo una strada interpretativa ardua e probabilmente sbagliata, l’orsa (sempre ammesso che l’animale del film sia una lei) nella simbologia biblica e religiosa medievale era simbolo della Chiesa intesa come “Madre” e guida della comunità cristiana. Quindi, il fatto che i protagonisti possano liberarsi solo nel momento in cui l’orsa abbandona la casa può far leggere la vicenda raccontata come una sorta di prova con la quale i protagonisti vengono obbligati a venir meno alle loro forzate impostazioni sociali, dando libero sfogo alle loro vere pulsioni e alla loro vera natura, distruggendo le impalcature delle norme e dell’etichetta di classe. Lezione non imparata, come sembra suggerire il celebre finale. Un certo senso religioso di sottofondo sembra quindi accompagnare la ferocissima rappresentazione satirica del regista spagnolo, che assume connotazioni di fondo quasi da “novella morale”, non così lontane da quelle di, appunto, una parabola biblica. Ah, dimenticavo: L’angelo sterminatore è un capolavoro.
L’angelo sterminatore [El angel exterminator, Messico 1962] REGIA Luis Buñuel.
CAST Xavier Masse, Silvia Pinal, Augusto Benedico, Claudio Brook, Jacqueline Andere, Rosa Elena Durgel.
SCENEGGIATURA Luis Bunuel, Luis Alcoriza (tratta dall’opera teatrale di Jose Bergamin).
FOTOGRAFIA Gabriel Figueroa. MUSICHE Raúl Lavista.
Drammatico, durata 89 minuti.