5 MARZO, OMAGGIO A PIER PAOLO PASOLINI
Pasolini e Salò oggi
Risulterebbe superfluo e alquanto riduttivo presentare qui un’ulteriore interpretazione dell’ultimo film di Pier Paolo Pasolini. L’ampia bibliografia critica sulla sua produzione ha raccolto negli anni le più disparate prospettive di lettura che – erronee o superficiali, acute o rivelatrici – offrono una base già più che sufficiente per afferrare il messaggio delle sue pellicole come degli scritti.
Scandagliata in tutte le sue parti, l’opera dell’intellettuale è stata oggetto di una lenta rivalutazione che ha reso merito a una delle figure più importanti nel panorama cultuale italiano del secondo Novecento, i cui testi sono tuttora oggetti di discussione e di studio riguardo la società odierna. Ma la conseguente tendenza a ridurre Pasolini a sorta di aruspice che, guardando nelle viscere di un Paese ormai marcescente, ne sapeva predire il futuro pare quasi semplicistico escamotage per assolvere un debito intellettuale mai saldato. Egli infatti non godeva di capacità preveggenti: il suo acume era dato da una lucidità di pensiero e una capacità di connessione tra eventi e elementi in causa tale da consentire una profonda penetrazione nel complesso tessuto civile nazionale, rapidamente mutato con il boom economico e il benessere materiale da esso scaturito. Una volontà di andare sempre alla radice delle problematiche in cerca di una scomoda quanto ineluttabile verità. Lo dimostra l’apicale provocatorietà e crudezza di Salò o le 120 giornate di Sodoma, apologo sulla massificata società dei consumi, sul corpo come oggetto di e del Potere, sul sesso e la violenza come suoi strumenti di dominio e prevaricazione, sulla disperata rassegnazione a cui l’autore abbandona i giovani protagonisti, non incapaci bensì impossibilitati a opporre una anche minima resistenza ai propri aguzzini. Il regista porta in tal modo all’estrema conseguenza la riflessione sviluppata in decenni di attività in forme e modalità disparate e già esternata in Porcile. Guardando all’oggi è inevitabile constatare la realisticità di tale pur pessimistica visione, ma perché questa non si perda, non si riducano a facili slogan i contenuti di un corpus artistico tanto stratificato come quello pasoliniano, bensì li si approfondiscano in uno studio critico-esplicativo che ne lasci intatta l’integrità formale per far luce su un tempo oscuro e confuso come quello attuale. Come la Cineteca di Bologna, che in collaborazione con Cinemazero di Pordenone sta lavorando a un’ipotesi di ricostruzione delle scene tagliate dal film del 1975, in vista del Quarantesimo dalla sua uscita e dalla morte del regista, così è necessario agire al fine che non ne venga smarrito il senso e la carica espressiva.
Salò o le 120 giornate di Sodoma [Italia 1975] REGIA Pier Paolo Pasolini.
CAST Paolo Bonacelli, Giorgio Cataldi, Umberto Paolo Quintavalle, Aldo Valletti.
SCENEGGIATURA Pier Paolo Pasolini, Sergio Citti, Pupi Avati (dal romanzo Le 120 giornate di Sodoma del Marquis de Sade). FOTOGRAFIA Tonino Delli Colli. MUSICHE Ennio Morricone.
Drammatico, durata 116 minuti.