Il confine fra realtà e finzione
Nel giorno in cui nel mondo si saluta il 2008, nella Bay Area californiana Oscar Grant sta organizzando un’uscita con la sua ragazza e un gruppi di amici per andare a vedere i fuochi d’artificio. Oscar è un giovane padre, ancora non consapevole del suo ruolo ma deciso quanto basta per cercare di cambiare il corso della sua vita, fino a quel momento, abbastanza travagliata. In quella sera di capodanno Oscar viene ucciso da un gruppo di poliziotti razzisti alla fermata di Fruitvale e il suo futuro si chiude proprio quando stava per aprirsi una luminosa finestra.
Ricostruzione degli ultimi giorni di vita del vero Oscar Grant, Prossima fermata Fruitvale Station del regista Ryan Coogler riesce là dove tanto cinema arranca, cioè nell’immersione dentro l’universo dei personaggi. Prendendo spunto da un terribile fatto di cronaca, il film si astrae dalla dimensione puramente documentaristica, dalla cronaca di un atto di insensata ignoranza e costruisce attorno al protagonista una forte tensione drammatica con i tempi propri del cinema. Se togliessimo la prima e l’ultima sequenza, vere riprese di repertorio del momento dell’uccisione e del sit-in svoltosi nel 2013 in ricordo di Oscar, potremmo benissimo parlare di una storia come tante, di un pretesto come un altro per mettere in mostra sentimenti, sogni, scontri e quant’altro di personaggi sconosciuti, che vivono solo all’interno dello spazio-tempo filmico. Così non è, la prima sequenza non è finzione, anche se gli strumenti tecnologici in nostro possesso nella vita di tutti i giorni e l’avvicinamento del cinema a forme più fluide e dinamiche di ripresa, ci fanno dubitare dello statuto di verità delle immagini. La pallottola che si conficca nella schiena del giovane è vera, il cinema si avvicina alla vita e viceversa, capiamo che ogni volta che vediamo un filmato su Youtube, in un modo dove tutto è registrato e a disposizione, stiamo compiendo un atto non passivo di conoscenza. Vediamo Oscar morire e poi iniziamo a conoscerlo grazie al medium cinema, al quale perdoniamo alcuni trucchi, come le immagini premonitrici della tragedia, perché siamo felici di non fermarci al fatto registrato amatorialmente, perché siamo stufi di essere bombardati da video che non hanno sussistenza, da un presente che ha perso la possibilità di essere sincero. Dubitiamo dello statuto delle immagini, ma non possiamo dubitare di quelle che vediamo nel film di Coogler perché abbiamo chiara la distinzione fra finzione e realtà e abbiamo chiari gli strumenti che regolano l’una e l’altra. Senza fingersi altro, senza sostituirsi alla vita reale, senza eccedere nella ricerca di compiacimento, il cinema può ancora raccontare il mondo in modo straordinario. Fruitvale Station ne è un esempio.
Prossima fermata Fruitvale Station [Fruitvale Station, USA 2013] REGIA Ryan Coogler.
CAST Michale B. Jordan, Melonie Diaz, Kevin Durant, Chad Michael Murray, Ahna O’Reilly.
SCENEGGIATURA Ryan Coogler. FOTOGRAFIA Rachel Morrison. MUSICHE Ludwig Göransson.
Biografico/Drammatico, durata 85 minuti.