Il corpo e la marcia
Arriva nelle sale italiane Tracks – Attraverso il deserto, quinto lungometraggio del regista statunitense John Curran, in gara non senza una dose di maliziose polemiche alla 70a Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia.
Il film di Curran, che nel concorso veneziano è apparso fuori contesto per eccesso di didascalismo emotivo, non può tuttavia essere accusato di incoerenza o scarse motivazioni, e nell’ostinata ricerca sui sentimenti di cui si fa forte impone allo spettatore una scelta inevitabile: sedersi in sala e godersi la fotografia, o tentare di leggere oltre la superficie. La storia, di impianto fortemente biografico, è quella di Robyn Davidson,
ragazza australiana che nel 1977 percorse a piedi, in compagnia di quattro cammelli e un fedelissimo cane, gli oltre duemilasettecento chilometri che separano Alice Springs, nell’Australia Centrale, dall’Oceano Indiano. L’itinerario attraverso lo sterminato bush australiano rientra, naturalmente, nel topos inflazionato del film di viaggio, ma la variante a piedi del film on the road conferisce alla vicenda uno spunto inedito, sintonizzato su un ordine diverso di ostacoli e su una differente percezione del tempo e della velocità. Il mondo a piedi di Robyn Davidson è, senza dubbio, l’espressione di un desiderio di apertura e scoperta, ma non la ragione alla base della sua irrequietezza: al contrario, intraprendere la marcia diventa una strategia autoriflessiva sulla distanza che la giovane donna ha bisogno di creare rispetto agli altri esseri umani. Per questo, prima ancora di allargare gli orizzonti, Robyn ha bisogno di scollegarsi: mai completamente – e infatti scrive lettere, si lascia fotografare dalle riviste e lascia che un vecchio aborigeno la scorti nei tratti meno ameni del percorso – ma a sufficienza per creare quello spazio, quell’intervallo, quel respiro, in cui sia possibile sospendere, o guarire, la ferita della propria incomunicabilità. Film di paesaggi quasi cartolineschi, Tracks non è banale nel dipingere il paesaggio fisico del suo personaggio: “Camminare” – scrive David Le Breton – “riduce l’immensità del mondo alle dimensioni del corpo”. Quello della brava e indispensabile Mia Wasikowska è segnato da un progressivo logoramento che ora la vede nuda e sporca nel deserto, ora escoriata e disidratata dai raggi del sole. È un corpo volontariamente esposto, sintomo per eccellenza del desiderio di vincere la propria debolezza, privo però della capacità di farlo insieme agli altri, attraverso l’aiuto e l’amore degli altri. Qualcosa di tragico si affaccia sul ritratto altrimenti illustrativo di questo personaggio: è qualcosa che salva il film, e dona allo spettatore la possibilità di lasciarsi emozionare. A lui la scelta.
Tracks – Attraverso il deserto [Tracks, Australia 2013] REGIA John Curran.
CAST Mia Wasikowska, Adam Driver, Emma Booth, Jessica Tovey.
SENEGGIATURA Marion Nelson. FOTOGRAFIA Mandy Walker. MUSICHE Garth Stevenson.
Biografico/Drammatico, durata 112 minuti.