Il Paradiso può attendere
Dei e Demoni sono arrivati allo scontro finale: Bene e Male, Luce e Oscurità si fronteggiano per un’impossibile risoluzione pacifica e serena convivenza. A trionfare è l’imperatore di Giada che governa il mondo dall’alto dei cieli, mentre il Re Demone Toro e i suoi alleati sono maledetti e messi al bando. In un mondo distrutto dalla titanica battaglia, la dea Nüwa decide di sacrificarsi per ricostruire la bellezza celeste: da una goccia della sua essenza caduta nel regno mortale nasce il Re Scimmia Sun Wukong.
Creatura ironica, giocosa, gentile ma estremamente vanitosa e sicura di sé, un ego monumentale che gli permette di non dover chiedere il permesso mai. Sulle sue spalle una grande missione, la cui risoluzione è precaria come la sua personalità: monello per natura, vive in un instabile equilibrio tra bene e male, impossibile sapere se sarà portatore di pace o caos nell’universo in subbuglio. Di sicuro questo impertinente protagonista ha reso The Monkey King un incredibile e praticamente completo bordello, che ha il coraggio di saccheggiare a piene mani da uno dei capolavori della letteratura cinese, Il viaggio in Occidente, andando a sperperare ogni sua oncia di magia e potenziale. Una sceneggiatura spoglia, che salta di scena in scena senza nemmeno l’ombra di un fil rouge che finga la continuità nella vicenda e, di conseguenza, nello sviluppo dei personaggi. Probabilmente il budget a disposizione è stato speso tutto per gli effetti speciali e l’animazione CGI, che sul subito riesce a catturare l’attenzione dello spettatore che già pregusta un paio d’ore di puro piacere per gli occhi, pirotecniche trovate, movimenti, visioni, colori. Tale entusiasmo per un prodotto kitsch e volutamente esagerato viene subito azzerato quando si realizza come il green screen abbia preso il sopravvento, fagocitando immagini fasulle, paradossalmente bidimensionali (il film è stato distribuito in 3D) sulle quali hanno lavorato nomi internazionali come David Ebner (Alice nel Paese delle Meraviglie, Spider-Man 3) supervisore degli effetti visivi, e Shaun Smith (Il regno proibito, 300, Io sono leggenda) supervisore del make-up. Se la qualità di alcuni momenti può salvarsi dal disastro totale, pensiamo alla distruzione del regno marino di un altenativo Poseidone, questi sporadici barlumi di speranza vengono travolti e quindi dimenticati da valanghe di psichedeliche trovate, divinità pop e creature mortali create senza uno straccio di cura nei particolari. Affidare quel che resta alla triade di attori protagonisti non risulta una buona idea: da Aaron Kwok, monoespressivo Re Demone, all’ipermobilità di Donnie Yen, concludendo con un inutile Chow Yun-Fat, che tenta di preservare la sua eleganza innata che purtroppo nulla può contro una storia decisamente fragile.
The Monkey King [Xi you ji: Da nao tian gong, Cina/Hong Kong 2014] REGIA Cheang Pou-Soi.
CAST Donnie Yen, Chow Yun-Fat, Aaron Kwok, Yitian Hai, Joe Chen, Xia Zitong, Peter Ho.
SCENEGGIATURA Szeto Kam-Yuen, Edmond Wong. FOTOGRAFIA Cheung Man Po, Tao Yang. MUSICHE Christopher Young.
Avventura/Fantasy, durata 119 minuti.