23 AGOSTO – OMAGGIO A GENE KELLY
La finzione svelata
Come accade in molti musical, anche in Un americano a Parigi la regia e i numeri ballati e cantati enunciano volutamente e continuamente la natura fittizia dell’opera. Tutto ciò non lo dimostra solo l’ultima sfarzosa, complessa e, in certi momenti, palesemente teatrale coreografia – che con i suoi diciassette minuti di durata risulta quasi un film dentro il film – ma anche la meno spettacolare prima parte.
Si pensi, per esempio, alla brillante sequenza d’apertura, in cui il pittore, il pianista e lo showman di successo si presentano in voice over rivolgendosi direttamente al pubblico, il quale viene guidato nella visione: infatti, i personaggi indicano allo spettatore la propria immagine, “correggendo” indirettamente una regia che non li inquadra mai fin da subito. Le idee umoristiche e autoironiche dello sceneggiatore Alan Jay Lerner e del regista Vincente Minnelli non sono però le sole a rendere evidente la messa in scena, ma vanno citate anche le coreografie create ed eseguite da Gene Kelly, in particolare quelle presenti durante i primi trenta minuti. Il riferimento va soprattutto a due numeri: quello nella caffetteria dove i tre amici cantano imitando il tedesco e quello in cui Kelly si esibisce davanti a un gruppo di bambini. Dal punto di vista dell’immagine, tali sequenze risultano semplici e piuttosto “realiste”, ma sono quasi completamente autonome dal soggetto narrato (la storia d’amore tra lo squattrinato pittore americano e la ragazza parigina) e sembrano perciò realizzate per dimostrare in primis la bravura di Gene Kelly come ballerino. Ed è proprio questo distacco da qualsivoglia giustificazione drammatica a rendere evidente il forte intento spettacolare che in modo più o meno sobrio domina tutto il film. In tal senso, queste coreografie risultano persino più emblematiche di quelle presenti nella seconda parte, visivamente più fantasiose, oniriche e teatrali, che hanno una maggiore coerenza con il racconto in quanto descrivono i sentimenti d’amore, speranza e frustrazione dei protagonisti. Due sono dunque i tipi di numeri musicali: da un lato, quelli “realistici” ma indipendenti dalla vicenda; dall’altro quelli esplicitamente costruiti in studio, ma legati alle emozioni dei personaggi narrati. Due modi con cui le sequenze danzate e cantate possono meravigliare lo spettatore e palesare l’identità fittizia di un’opera cinematografica, in quello che è uno dei generi più metafilmici di Hollywood: il musical.
Un americano a Parigi [An American in Paris, USA 1951] REGIA Vincente Minnelli.
CAST Gene Kelly, Leslie Caron, Oscar Levant, Georges Geary, Nina Foch, Eugene Borden.
SCENEGGIATURA Alan Jay Lerner. FOTOGRAFIA Alfred Gilks, John Alton.
MUSICHE Johnny Green, Saul Chaplin.
Musical, durata 109 minuti.