SPECIALE MARIO MARTONE
Vorrei essere libero, libero come un uomo…
Tra le tante cose, Il giovane favoloso, bellissimo e stratificato film di Martone, è anche un inno al diritto di pensare, al diritto di porsi dubbi e alla libertà di poterlo fare diversamente dalle convenzioni proposte e radicate.
Senza voler ridurre il film ad una banale rivendicazione della libertà di pensiero e dell’anticonformismo – cosa che, volendo, potrebbe anche essere, ma a livello del tutto marginale – è certo però che il diritto all’infelicità reclamato a gran voce da Leopardi e il suo inesauribile scetticismo, così contrastanti con l’ottimismo di facciata e la fiducia nel futuro dominanti in molti ambienti nel XIX secolo, sono rappresentati al contrario come motori di una ricerca interiore e intellettuale inesauribili. È il dubbio che ravviva continuamente la tensione alla curiosità e alla conoscenza: il dubbio che lo spinge all’ardente desiderio di sfuggire alla paludata, conservatrice e uguale a se stessa Recanati dell’infanzia, così come il dubbio che gli permette di dubitare sulle “magnifiche e progressive sorti” che sembravano illuminare l’Ottocento. Che lo avvicina all’infinito, sia quello nascosto dall’ermo colle o quello del finale quasi malickiano, in una continua tensione cognitiva verso un altrove che è chiave di una serenità ben superiore di quella provocata dall’abusata e sterile contrapposizione tra i termini “ottimismo” e “pessimismo”. Martone non racconta la vita di Leopardi, racconta la sua essenza di uomo e di poeta. Non è un film biografico, ma utilizza strumentalmente aspetti del genere probabilmente meno malleabile della settima arte. “Desantinizza” una figura a forte rischio agiografia facendo però esplodere tutta la sua grandezza. Gli toglie la polvere radicata da decenni d’accademia e di poco convinti studi a memoria liceali, e proprio perché per nulla scolastico e nozionistico andrebbe proiettato nelle scuole. Il giovane favoloso non è neanche un film realista, perlomeno non nel senso più diffuso del termine; frequente è la sensazione di trovarsi di fronte ad un’opera teatrale, così come il naturalismo apparente è spesso interrotto da scatti di montaggio quasi isterici, da scelte scenografiche e di fotografia appariscenti, e soprattutto dalle perfette e efficaci sonorità elettroniche di Sascha Ring, che aprono squarci di metafisica nella narrazione (per non parlare del finale con in sottofondo i versi de La Ginestra). Tutto questo per rendere al meglio la costante furia che animava il poeta e la sua continua lotta col mondo, che amava ma che non gli bastava, e per sottolineare la diversità del suo animo tormentato e orgoglioso di questo tormento. Elio Germano è strepitoso – sarà pure banale dirlo ma è un peccato non sottolinearlo, protagonista di un film che è costantemente ravvivato da un inesauribile amore per la libertà.
Il giovane favoloso [Italia 2014] REGIA Mario Martone.
CAST Elio Germano, Michele Riondino, Isabella Ragonese, Massimo Popolizio, Anna Mouglalis.
SCENEGGIATURA Ippolita Di Majo, Mario Martone. FOTOGRAFIA Renato Berta. MUSICHE Sascha Ring.
Drammatico/Biografico, durata 139 minuti.