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Il piacere di essere smentiti

sabato 25 Ottobre, 2014 | di Andrea Moschioni Fioretti
Il piacere di essere smentiti
Editoriale
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Lo ammetto, sono un cinefilo romantico, nel senso più puro del termine, e quindi mi faccio ancora incantare dal cinema, morto o vivo che sia, ma soprattutto attendo con ansia alcune uscite al cinema. Mi incazzo, dibatto difendendo i miei film del cuore, e godo a parlare di essi.

Sono sicuro che tante firme – forse tutte – di questa rivista la pensano come me, ma da tempo è sempre più evidente che siamo rimasti in mediacritica_editoriale_moschionipochi, appassionati che si recano in sala il primo giorno di programmazione di un film, o che si arrabattano per vederlo con tutti i mezzi di cui oggi disponiamo. Nerd, illusi o “novellini”? Forse tutti e tre gli aggettivi, ma non è questo il punto. Una delle spiegazioni di tutto ciò può essere la latitanza dell’evento cinematografico, quello che, vuoi per un’accattivante pubblicità o per un passaparola massiccio, faceva la fortuna di una pellicola fino a una decina d’anni fa e forse più. I cinema ci passano come eventi imperdibili alcune pellicole del passato restaurate (ben vengano!), live dai maggiori teatri del mondo, concerti, visite virtuali a mostre e monumenti… e le uscite cinematografiche “normali” diventano un riempitivo nella massa di proposte. Serve sottolineare anche che la proliferazione delle modalità per fruire dell’oggetto audiovisivo ha contribuito all’allontanamento dello spettatore dalla sala cinematografica, quindi dell’avvenimento da vivere insieme. Questo è un argomento che già in tanti hanno trattato, che altera il significato del termine evento. Forse bisognerebbe fermarsi a pensare che le aspettative sono/devono essere diverse: se per noi è vitale vedere il nuovo lavoro di Malick, Spielberg, Bertolucci, per altri potrà esserlo il cinepanettone o One Direction: Where We Are, una varietà giusta di piaceri che però non riesce ad eguagliare e ad unire il pubblico come fecero per esempio Titanic o The Blair Witch Project. L’utopista e il convenzionale che è in me vede come una delle cause di questo la mancanza di una educazione al cinema, e più in generale all’immagine audiovisiva, che dovrebbe iniziare fin dalle scuole elementari. Non è una spocchiosa ideologia cinefila, ma potrebbe essere la soluzione alla poca dimestichezza e curiosità che il pubblico medio ha nei confronti della Settima Arte. Una seria formazione porterebbe l’utente a scegliere con cognizione di causa, chiaramente senza voler fabbricare con lo stampino solo “puristi” o far passare come imposta e quindi “noiosa” un’ulteriore materia di insegnamento. I gusti sono altro e non possono essere dettati da nessuno, ma crescono con la conoscenza. Apprezzabile sarebbe poter far rischiare chiunque di innamorarsi, senza pregiudizi, sia del classico blockbuster sia del film d’essai. Poi leggi gli incassi dell’ultima settimana in Italia e ti stupisci di vedere al secondo posto con 1.107.606 euro Il giovane favoloso e tutto cambia. “Gli italiani forse sono migliori del cinema che gli si offre” dice il produttore Carlo Degli Esposti… ma allora l’evento esiste ancora! Ed è questo il bello del cinema: riesce tuttora a colpire riuscendo a smentire ogni parola scritta in questo editoriale. Grazie!

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