La povertà della discussione intorno alle versioni originali con sottotitoli e al doppiaggio lascia un po’ interdetti. Cerchiamo di riprendere in mano le fila della questione, partendo dai dati di fatto.
In Italia il doppiaggio continua a rappresentare la scelta di mercato principale. Si tratta del resto di una popolazione poco portata alla conoscenza delle lingue straniere, non troppo curiosa di esperienze internazionali, legata a forme di provincialismo culturale più volte analizzate – anche a causa di un forte analfabetismo audiovisivo legato all’assenza di una vera media literacy scolastica. Detto questo, qualcosa si sta muovendo: la doppia lingua è ormai presente su tutti i canali satellitari e su parte del digitale terrestre, sul web non si fa altro che tradurre e sottotitolare e persino in sala, almeno nelle grandi città, ci sono alcuni schermi dedicati alla versione originale sottotitolata.
Gli appassionati di questa modalità, per lo più tra i giovani e tra i quaranta/cinquantenni, difficilmente riescono a “tornare indietro”, ovvero riabituarsi al doppiaggio, e spesso preferiscono copie mediocri originali online a buone copie doppiate in sala. I tradizionalisti del doppiaggio, invece, ricordano che molte persone hanno problemi con la vista, e non potrebbero – nemmeno volendo – vedere film sottotitolati. In effetti quel che si chiede è solamente di moltiplicare le versioni alternative, magari in certi orari. Speriamo che la multiprogrammazione venga in aiuto.
Quel che però non regge più da parte dei difensori del doppiaggio è la questione della lettura che interromperebbe la visione. Anzitutto, bisogna vedere se si preferisce la fatica del lavoro oculare e cognitivo del sottotitolo alla inadeguatezza del sistema corpo/voce. Finché il cinema – come insegna Chion – sarà così vococentrico e logocentrico, la figura umana e la sua voce, legata alla gestualità e alla prossemica, contano molto di più di un formato sbagliato, di una proiezione inadatta o di una interruzione pubblicitaria. In secondo luogo (ed è la questione più importante) i tempi cambiano: con il web e i nuovi media non facciamo altro che passare dalla visione alla lettura e viceversa. Sui social network, sui siti dei quotidiani online, vedendo un’anteprima web mentre si chatta, seguendo un match di calcio mentre si twitta, e così via. Le ragioni dei filo-doppiaggio, insomma, sono ferme a prima degli anni Duemila, in un sistema di consumo chiuso e monocanale. In ogni caso, c’è spazio per tutti. Vorremmo solo più originale (tra l’altro utile anche a livello pedagogico) nel mercato e nei broadcast. Le comunità che si occupano di sottotitolare (e bene) film e telefilm online non hanno infranto la legge ma fatto progredire la cultura internazionale in Italia. È un piccolo diritto, certo. Ma i diritti, anche quelli piccoli, bisogna prenderseli se nessuno te li dà.