SPECIALE GIORNALISMO RAMPANTE
Giornalismo fisico
Un dubbio incidente sulla metropolitana urbana vede coinvolta l’assistente (e amante) di un giovane deputato. Gli interrogativi lo portano a riallacciare i rapporti con un giornalista, Cal McAffrey, suo amico di vecchia data. Il rapporto e le indagini dei due diventano un modo per il giornalista di confrontarsi con il mondo esterno e soprattutto con le nuove tecnologie e i nuovi media, così da fare i conti con il proprio modo di intendere il mestiere.
Basato sull’omonima miniserie targata HBO, State of Play è un film che si muove più su livelli: uno prettamente narrativo che segue lo svolgimento degli eventi, ed uno professionale che mette a confronto tra loro diversi modi di vivere la propria carriera e indole lavorativa. Entrambi questi aspetti, però, lavorano andando in direzione di uno scavo relazionale nelle dinamiche umane dei protagonisti. Il vero centro del film diventa non più il personaggio interpretato da Russell Crowe, quanto il suo modo di vedere il mondo esterno e di relazionarsi con le altre persone, diventando nel corso del lungometraggio un emblema di un giornalismo “old school”. Contrapposto al mondo del web vivace e volubile incarnato dalla sua collega, il protagonista è un uomo attaccato ai suoi modi diretti di investigare e di ottenere delle risposte: affrontare in prima persona coloro da cui si vorrebbero ricevere delle risposte e leggere il linguaggio del loro corpo ed in generale tutto il “non-detto”. La regia mette in evidenza questo approccio fino a sottolineare come, in fondo, al di là della natura del mestiere, le persone sono legate dal contatto umano prima di tutto, le parole rischiano di affogare il vero significato del messaggio e di fornire informazioni scorrette. Sono le inquadrature sulle lacrime del politico e le conversazioni fatte di silenzi e mancate smentite a far procedere il film e, insieme ad esso, le relazioni tra i vari personaggi. Il giornalismo ritrova nelle immagini di State of Play la sua dimensione fisica, la ricerca sul campo vissuta in prima persona torna alla ribalta, con i suoi anacronismi e le sue difficoltà. Il regista limita, appunto, i suoi interventi a quelli necessari per analizzare un mondo abituato a muoversi sul limite della legalità, mentre, tutto intorno a lui, si sfogano sterili polemiche e controversie online che, almeno nel film, vedono sminuite le proprie credenziali. Le parole, soprattutto quelle pubbliche, sono continuamente messe in dubbio, aggiungendo invece importanza alle sensazioni fisiche date dal contatto con persone e luoghi. Tra alti e bassi di sceneggiatura, l’inesperienza e la gavetta portano alla verità tanto ricercata dai personaggi e di cui le parole, pronunciate o pubblicate, sono solo conseguenze.
State of Play [Id., USA/Gran Bretagna/Francia 2009] REGIA Kevin Macdonald.
CAST Russell Crowe, Ben Affleck, Rachel McAdams, Helen Mirren, Robin Wright, Jason Bateman.
SCENEGGIATURA Matthew Michael Carnahan, Tony Gilroy, Billy Ray. FOTOGRAFIA Rodrigo Prieto. MUSICHE Alex Heffes.
Drammatico/Thriller, durata 127 minuti.