SPECIALE DEMENZIALITÀ U.S.A., II PARTE
“Nascondi chi sono, e aiutami a trovare la maschera più adatta alle mie intenzioni”
Spumeggiante è dir poco. Jim Carrey in versione cartoon verdognolo è un turbine di risate e comicità sregolata. Sorretto da una narrazione affabulatrice che Eco chiamerebbe “sgangherata o sgangherabile”, The Mask di Chuck Russell pesca a piene mani nel campionario del demenziale americano, dalla scanzonata età del Jazz al fantasy revival, dal macchiettismo circense al sonoro sberleffo di ruoli e istituzioni sociali.
Stanley Ipkiss, impacciato e altruista impiegato bancario, vive di alti e bassi, tra le angherie subite in orario lavorativo e i due di picche serviti sistematicamente da donne virago. Diviso tra l’affetto smisurato del suo iperattivo jack russell e i consigli dell’unico amico, si barcamena stancamente per le strade di Edge City fin quando non incontra l’avvenente Tina (Cameron Diaz), pupa mozzafiato di un pericoloso gangster di quartiere. Una sera, dopo l’ennesima delusione patita, trova una strana maschera lignea e ha la cattiva idea di indossarla trasformandosi in un irriverente e diabolico cartone animato verde dal vasto armamentario: palloncini colorati che diventano fucili mitraglietta, sveglie multiuso, bazooka e altre amenità varie. La domanda che ci si può porre a visione ultimata è quanto lo scaltro Russell, avvezzo più all’horror mainstream (Nightmare 3, Blob) che al “funny & destroy movie”, abbia personalizzato a uso e consumo dello spettatore medio il funambolico one man show del mattatore Carrey. Il vaudeville urbano (sembra di essere a Cartoonia, in realtà siamo a Edge City) è ideato come compendio della comicità americana basata perlopiù su mimica e siparietti slapstick e ha il suo protagonista assoluto in un Jim Carrey in stato di grazia. Nato come striscia a fumetti nel 1986, il personaggio della maschera clownesca in cui si muta all’occorrenza il timido ometto piroetta e volteggia come Fred Astaire, gesticola alla maniera di Jerry Lewis e impazzisce d’amore per la bellissima Tina. C’è sempre una donna di mezzo. Come Clark Kent, Stanley senza maschera è un mite everyman allo sbando ma, non appena la indossa, diventa irresistibile e si lancia in avventure mirabolanti e surreali. La ricetta del successo del film è semplice ma sfarzosa: riflessioni psicanalitiche sulla maschera che confonde le identità, atmosfere hard boiled declinate in chiave fantasy, irriverenti sketch, effetti speciali targati Industrial Light & Magic e, puntualissima, la critica all’American way of life e ai generi cinematografici è servita. Nel tritatutto di Russell finisce di tutto, dall’interludio jazz sulle note di Minnie the Moocher alla retata poliziesca a ritmo di rumba, ma è la visione corale che rende The Mask una portata gargantuesca in equilibrio perfetto tra comico d’antan e nuove frontiere “effettistiche” del demenziale.
The Mask – Da zero a mito [The Mask, USA 1994] REGIA Chuck Russell.
CAST Jim Carrey, Cameron Diaz, Peter Riegert, Peter Greene, Amy Yasbeck.
SCENEGGIATURA Mike Werb, Michael Fallon, Mark Verheiden. FOTOGRAFIA John R. Leonetti. MUSICHE Randy Edelman, Bonnie Greenberg.
Commedia/Fantasy, durata 101 minuti.