SPECIALE RIDLEY SCOTT
Una storia d’amore
Chi non cambia idea o abitudini almeno una volta nella vita, è spesso considerato una persona banale e noiosa: Ridley Scott ha dimostrato di saper andare contro questa massima, realizzando nella sua carriera numerosi cambiamenti, pur mantenendo uno stile riconoscibile e proprio.
Scott è un autore, sembra banale dirlo, discontinuo ma allo stesso tempo da ammirare per la curiosità con la quale si è sempre approcciato al cinema. Innanzitutto è uno dei pochi registi viventi ad aver affrontato quasi tutti i generi, riuscendo, a volte, anche a mischiarli tra di loro senza perdere mai di vista lo scopo finale: voler far divertire il pubblico. Sia il cinefilo più incallito che lo spettatore “casuale” ha visto almeno un suo film, vuoi per la grande quantità di lavori che ha realizzato vuoi per il fatto che ormai ha sposato le logiche e la “facilità” del blockbuster. L’unico rammarico, per chi scrive, è constatare che negli anni il nostro ha perso in qualche modo quel certo gusto sperimentale dei suoi primi film, figli dell’estetica anni ’70, in cui il cinema americano trovava una rinascita autoriale forte, a discapito di una più ovvia messa in scena. La nascita europea però ha restituito la sua curiosità nel raccontare storie cinematografiche non esclusivamente scenografiche, ma che pongono, come nei grandi romanzi, l’uomo al centro della narrazione. Infatti, che si tratti di fantascienza o di un dramma storico, Scott ripone sempre le sue speranze nell’umanità: salvifica (Alien, Blade Runner e Thelma e Louise), epica (Legend, 1492, Il gladiatore e Robin Hood), garantista (Black Hawk Down, Le crociate e American Gangster). Queste poche righe non riuscirebbero ad esaurire un discorso intorno alla filmografia di Scott, ma preme sottolineare questa costante. Alcuni topoi della sua carriera ci hanno dimostrato una maniacale testardaggine: come non citare le consapevoli falsità presenti nei suoi film storici, e, soprattutto, la ricerca del director’s cut inseguito con bramosia. È per questa ultima ossessione che Scott merita stima e in particolare per ciò che negli anni ha fatto per Blade Runner. È quasi impressionante pensare alle numerose versioni ricavate dal cult con Harrison Ford, che per alcuni potranno essere inutili, ma dimostrano l’affetto che il regista ha per i suoi film. Scomporre, “ripensare”, potenziare le sue creature per restituirci la purezza del Cinema. Il lavoro di e per molti, che può essere sezionato, magari senza raggiungere la perfezione ma avvicinandosi ad essa. Una ricerca della bellezza che sa di genuino e innocente amore. Quasi un bambino alle prime armi. Come si fa a non volergli bene anche quando sbaglia?