SPECIALE JOHN BELUSHI
Io li odio, i nazisti dell’Illinois
Le ciabattine rosa ai piedi di Aretha Franklin. I bicchieri spaiati di Cab Calloway. I banchi striminziti della Pinguina. La Pinguina medesima, che si sposta radente il suolo, le porte che si spalancano davanti a lei e ai suoi ospiti, sospinte da aliti divini. La luce di James Brown. Il twist di Ray Charles.
La maggior parte dei film comici si divide tra risate di testa (alcune battute di Woody Allen o, meglio ancora, la mitragliatrice dei dialoghi di Billy Wilder) e risate di pancia (quasi tutta la nuova commedia americana, dai fratelli Farrelly in giù). Ci sono anche quelli da risate sadiche, ma non incontrano molto il gusto di chi scrive: mi trovo sempre a empatizzare con il povero Fantozzi crocifisso in sala mensa. I fratelli Blues fanno ridere di testa, di pancia, e di cuore. Corrono sul filo del demenziale che non diventa mai demente, ma anzi si ribalta nell’intelligente. Si tuffano nell’assurdo, affastellando iperboli su iperboli: partono dalla distruzione di un centro commerciale tramite automobile, dai voli più che pindarici dei ballerini nella chiesa di Triple Rock, e approdano in una Chicago invasa da ogni forma di forze dell’ordine sopra ogni forma di mezzo di locomozione possibile (dalle navi ai cavalli agli elicotteri). In un’escalation di comicità continua, come il susseguirsi di armi sempre più letali ed esplosive vanamente utilizzate da una vendicativa Carrie Fisher. La quale, inevitabilmente, capitola davanti agli occhioni irresistibili di John Belushi e alle sue scuse (“le inondazioni, le cavallette!”), più efficaci dei mille proiettili che dribblano e mai colpiscono i fratelli Blues e la Bluesmobile. Si ride di pancia e di testa, e il cuore lo porta il blues, con la sua parata di stelle intramontabili e ben più sfavillanti delle nostre odierne pop star: quasi da commuoversi, rivedendo oggi la Banda agghindata da sera quando si alza il sipario e Cab Calloway attacca Minnie the Moocher. Quasi da commuoversi, a guardare Belushi fare capriole, salvare orfani, scolarsi 300 dollari di birra e poi fuggire a tutto gas. Il cult firmato John Landis è uno di quei rari film capaci di non stancare mai, nemmeno alla centesima visione. Nemmeno quando conosci a memoria tutte le battute, e tutte le canzoni. E dunque, per la centounesima volta: volume al massimo, quattro polli fritti e una coca, oppure del pane bianco tostato liscio, e le note sempre travolgenti di Everybody Needs Somebody to Love.
The Blues Brothers [Id., USA 1980] REGIA John Landis.
CAST John Belushi, Dan Aykroyd, Carrie Fisher, James Brown, Cab Calloway, Ray Charles.
SCENEGGIATURA John Landis, Dan Aykroyd. FOTOGRAFIA Stephen M. Katz. MUSICHE Elmer Bernstein.
Commedia/Azione/Musicale, durata 133 minuti.