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Italiano medio

sabato 31 Gennaio, 2015 | di Michele Galardini
Italiano medio
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L’alba dei morti indifferenti
Giulio Verme (Maccio Capatonda) è un attivista tout court: ambiente, povertà, piccioni, tutto, per lui, può essere oggetto di una battaglia estrema ma, in fondo, sterile. Perché Verme, come gli rimprovera la sua ragazza, ha passato la vita a parlare, a teorizzare, senza mai fare veramente qualcosa: in poche parole ha scoreggiato senza mai fare la cacca. La distruzione del bio parco e una misteriosa pillola che fa usare solo il 2% della propria intelligenza, cambieranno le carte in tavola.

Il comico Maccio Capatonda, nome d’arte di Marcello Macchia, compie il salto dalla televisione al cinema tentando la sorte di quanti, prima di lui, hanno tentato di ipertrofizzare il proprio personaggio fuori dai limiti degli sketch. Non tutti sono mediacritica_italiano_medioChecco Zalone, unico vero fenomeno di massa del cinema italiano degli anni Duemila, ma nemmeno tutti sono Ficarra e Picone o I Soliti Idioti. Maccio è uno di quei personaggi che, in televisione, è riuscito imporre non solo battute ma un vero e proprio linguaggio e una vis comica fresca, oserei dire inedita, fatta dell’assurdità di cui son piene le cronache nostrane. Ma il salto dal piccolo al grande schermo è quanto di più doloroso ci possa essere per i comici: le visualizzazioni di Youtube, nella sala cinematografica, contano meno di zero. Italiano medio, come molti prodotti simili, presenta tutti i difetti di un adeguamento, non riuscito, dentro un medium diverso, con imbarazzanti salti di sceneggiatura o vuoti comici che in alcuni punti lo fanno assomigliare alla pièce di una compagnia amatoriale. Ma sarebbe superficiale fermarsi qui, alla semplice sottolineatura di un’evidenza, perché Italiano medio funziona, in parte, grazie a quell’elemento che, teoricamente, avrebbe dovuto sacrificare a favore della risata sguaiata: la seria critica dei costumi. I personaggi sono freak che si pongono agli estremi opposti della contemporaneità italiana: da un lato i fighi, ricchi, impomatati, arroganti, spietati; dall’altro i poveracci, i reietti, tamarri fino all’osso, orgogliosi della loro ignoranza. In mezzo il medium, la televisione, che unisce tutti sotto un enorme gazebo kitsch, imponendosi come unico vero personaggio negativo della storia. Una la sequenza che spiega, meglio di mille parole, quanto detto finora: un’anziana si accascia sull’autobus, le altre persone si disperano per MasterVip e una volta accortesi di lei non la aiutano ma la riprendono col cellulare, Giulio Verme chiede l’intervento di un medico a bordo che, però, sta seguendo a sua volta MasterVip sul tablet. Siamo all’alba dei morti indifferenti che ormai non hanno più nemmeno bisogno di mangiare cervello per sopravvivere e nessuno, dall’intellettuale al supercafone, può dirsi immune al virus. Anzi, lo zombie più pericoloso è proprio quello che, nel finale, si siede a metà fra freak e pensatori, prendendo il peggio da entrambi: giovane ma non troppo, camicia bianca aperta sul petto glabro, accompagnato da donne adoranti e attento alla comunicazione (‘scopare’ diventa ‘copulare’). Vi ricorda qualcuno?

Italiano medio [Italia 2015] REGIA Maccio Capatonda.
CAST Maccio Capatonda, Luigi Luciano, Lavinia Longhi, Raul Cremona, Nino Frassica, Barbara Tabita.
SCENEGGIATURA Maccio Capatonda, Marco Alessi, Sergio Spaccavento, Danilo Carlani, Daniele Grigolo, Luigi Luciano. FOTOGRAFIA Massimo Schiavon. MUSICHE Fabio Gargiulo, Chris Costa.
Commedia, durata 100 minuti.

 

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