SPECIALE WIM WENDERS
L’epica del (non) ritorno
Una volta era Ulisse. Il viaggio. Ognuno ha la propria Itaca verso cui tendere, la propria odissea, penosa e lieve, il proprio vuoto esistenziale che grava sulle stanche spalle. Novello Ulisse, Travis vaga, non nel “periglioso” mare, ma nel profondo Messico, nel deserto al confine con il Texas, Odisseo scampato alla morte ritrova ciò che aveva perso: un fratello, un figlio e i ricordi di una donna, Jane – il personaggio femminile nel cinema di Wenders fino ad ora era stato solo pensato e cercato.
L’epica favolosa riempie e muove Paris, Texas di Wim Wenders, vincitore del Festival di Cannes nel 1984, film che tornerà nelle sale, dopo Il Cielo Sopra Berlino (18 febbraio), il 25 febbraio per celebrare il cineasta premiato con l’Orso d’oro alla carriera alla Berlinale. Paris, Texas è una storia d’amore, di memoria e di vita, un canto che ha come Musa l’America, quella sgraziata e poetica, fragile e violenta, quella dell’alcol e delle nevrosi, della partenza e del ritorno. Travis è un personaggio “minimo”, separato da sé, da quello che era, è un frammento di silenzio, d’amore e di dolore come un film western. Dopo l’incendio da cui si è salvato c’è il ritorno, il ricongiungimento con la famiglia, con il linguaggio e con se stesso; riemerge dal buio, dal silenzio e dalla solitudine. La foto di quell’angolo di deserto, chiamato Paris, Texas, lo riporta dove tutto è iniziato, proprio in quel luogo è stato concepito, e da lì avrebbe voluto cominciare di nuovo. Quando sente la sua storia, raccontata dalla sua stessa voce al fratello, come era successo ad Ulisse – così scrive Adriana Cavarero in Tu che mi guardi, tu che mi racconti -, ospite alla corte dei Feaci, riavvolge il nastro e si riscopre. Travis, a casa con la famiglia, riprende confidenza con la comunicazione, uno dei temi centrali di Wenders, e lo fa prima con i gesti, poi con la tecnologia. Prima solo un “dialogo” essenziale e animale, si pensi al muto discorso tra Travis e il figlio Alex, quando tornano da scuola e, camminando su marciapiedi opposti, si imitano, poi la comunicazione si fa più complessa, si pensi ai walkie-talkie, al messaggio d’addio registrato per Alex, al telefono attraverso cui si parlano di nuovo Travis e Jane nel peep-show. Il protagonista racconta una storia a Jane che lo può solo ascoltare e non vedere, almeno in un primo momento. Nel peep-show ripercorrono le tappe della loro felicità e del dolore, ricordano le liti e la gioia della gravidanza, rivivono la gelosia, l’incendio di quella notte, la fuga di Jane e Alex. Con Paris, Texas si riempiono vuoti, si ritorna a casa, ci si riunisce all’Amore, e così, perfetta sintesi, ci invade l’immagine di due volti che si sovrappongono l’una all’altra e l’abbraccio di una madre con il figlio. Ci riappacifichiamo.
Paris, Texas [id., USA 1984] REGIA Wim Wenders.
CAST Harry Dean Stanton, Hunter Carson, Nastassja Kinski, Dean Stockwell.
SCENEGGIATURA Sam Shepard. FOTOGRAFIA Robby Müller. MUSICHE Ry Cooder.
Drammatico, durata 150 minuti.