SPECIALE PAUL THOMAS ANDERSON
California über alles
Californiano, figlio di Ernie, Paul Thomas Anderson è diventato, in soli 7 lungometraggi, il più importante regista statunitense della sua generazione, non fosse altro che per la capacità di coniugare il disinvolto citazionismo postmoderno e la destrutturazione postaltmaniana dei generi a una scrittura di rara profondità, troppo umanista per ridurre i personaggi a simpatiche marionette da deridere.
Le sue qualità di sceneggiatore, sempre sorprendenti anche quando si tratta di adattare dei romanzi (Il petroliere, Vizio di forma), non vengono mai abbastanza celebrate, probabilmente perché, soprattutto nei primi film, la bellezza formale delle immagini, i lunghi e articolati pianisequenza, che prevalgono anche nei suoi videoclip, possono farlo sembrare, a un occhio distratto, un esteta disinteressato ai contenuti. Ma così non è, anzi Anderson è uno dei pochi cineasti americani in grado tanto di analizzare in dettaglio la psicologia dei suoi protagonisti, quanto di offrire un ritratto completo degli Stati Uniti, attraverso le epoche. Se Il petroliere si inserisce nella gloriosa tradizione dei film sull’avidità del capitalismo come elemento fondativo della nazione, per ben due volte (Boogie Nights, Vizio di forma) nei film di Anderson le contraddizioni della società statunitense vengono colte nella descrizione di periodi affascinanti a cavallo di due decenni. E in transizione, o in crisi, sono anche gli antieroi di gran parte dei film di Anderson, dal Freddie Quell di The Master alle anime tormentate di Magnolia. In trasformazione è il protagonista di Ubriaco d’amore, cambiato completamente dal sentimento più travolgente, lo stesso sbocciato tra gli infantili John e Clementine, che il paterno Sydney vuole salvaguardare. Più volte è stato notato che i film di Anderson pullulano di figure paterne e figli allo sbando, ma più precisamente il regista americano sembra voler rappresentare modelli di famiglia molto eterogenei, da quella libertaria del mondo del porno che adotta Eddie in Boogie Nights (rielaborazione e sviluppo del mockumentary The Dirk Diggler Story), a quella vera che soffoca Barry in Ubriaco d’amore, da quelle disfunzionali di Magnolia alla setta di The Master. Tutti microcosmi di un’America che, come si deduce perfettamente dal paranoico Vizio di forma, è il Paese dell’incubo, non del sogno, e ha i colori accesi e i momenti di oscurità della fotografia dell’ottimo Robert Elswit. E le musiche disturbanti del Radiohead Jonny Greenwood. Una nazione dove da un momento all’altro possono cadere rane dal cielo, e dove, che tu sia un campione di quiz o una star del porno, l’unica cosa che puoi fare per far finta di non essere un fallito è accendere un’altra sigaretta.