Polpettone all’armena
Fatih Akin è regista di sicuro talento (La sposa turca, Ai confini del paradiso, Soul Kitchen), ma stavolta non gli basta e nella coproduzione internazionale Il padre, perciò, sembra essersi impelagato in un’impresa al di sopra delle proprie possibilità, con solo la bellezza degli scenari naturali (il deserto, la neve), la colonna sonora tutto sommato gradevole e l’efficacia dei costumi a dargli man forte.
Il film di Akin, dunque, sconta pesantemente l’eccesso di ambizione, a livello di contenuti, che non corrisponde ad una resa adeguata. The Cut ha grossi problemi a livello narrativo, cioè una superficialità di sceneggiatura che la medietà registica non può nascondere. Il film si affida completamente all’interpretazione di un Tahar Rahim un po’ stranito nel ruolo di Nazar, costretto a recitare solo con i gesti per gran parte del film, a causa della ferita alla gola del suo personaggio, che gli impedisce di parlare. Salvo poi miracolosamente, e insensatamente, recuperare la parola proprio nel momento clou in cui ritrova dopo anni Lucinée, una delle due figlie gemelle, vissute a lungo in orfanotrofio (esempi di infanzia perduta come il Monello di Chaplin, film che Nazar guarda con commozione, invece di andare al bordello). Il padre, infatti, è soprattutto la storia di una doppia ricerca, reale e simbolica allo stesso tempo, da parte del fabbro Nazar: quella travagliata delle figlie, attraverso una serie di territori (Libano, Cuba, Minneapolis), e di conseguenza la ricerca di radici identitarie etniche, culturali, religiose. Ma quest’ultima non viene approfondita appieno e, anzi, è appena suggerita. L’arco di tempo in cui si svolge la vicenda va dallo scoppio della Prima Guerra Mondiale, in cui gli ottomani si alleano con tedeschi e austriaci per sconfiggere le minoranze interne come gli armeni, al 1923. Il protagonista Nazar rimane sempre l’uomo buono che si fa pestare pur di impedire uno stupro, ma non ha un vero e proprio sviluppo psicologico diacronico, fatta eccezione per la perdita della fede cristiana e per qualche momento di codardia, o di aggressività. Giocoforza il film punta tutto sull’illustrazione del susseguirsi di eventi drammatici (come la scena in cui Nazar deve soffocare la cognata moribonda per porre fine alle sue sofferenze), ma con poca convinzione. Così, invece di essere un potente affresco epico sulla storia del popolo armeno, finisce per risultare un polpettone d’autore, destinato al massimo a diventare un midcult per un pubblico distratto.
Il padre [The Cut., Germania/Giordania/Canada 2014] REGIA Fatih Akin.
CAST Tahar Rahim, Simon Abkarian, Makram Khoury, Hindi Zahra.
SCENEGGIATURA Fatih Akin, Mardik Martin. FOTOGRAFIA Rainer Klausmann. MUSICHE Alexander Hacke.
Drammatico, durata 138 minuti.