Territorial pissings
Quando guardai il videoclip di Smells Like Teen Spirit ricordo che mi domandai il reale motivo per cui le cheerleader portavano la A cerchiata sul petto. Forse era un segno dell’impossibilità generazionale di un’ideale politico, o la rabbiosa risposta di chi per tutta la vita era rimasto ai margini.
Cobain – Montage of Heck prende spunto da questa rabbiosa confusione di chi suo malgrado fin troppo sintomaticamente ha rappresentato il vuoto identitario della cosiddetta Generazione X. Confusione alimentata da chili e chili di pop culture televisiva e dalla reazione anticoncezionale di chi si sentiva svuotato dalla società statunitense reaganiana, pronta a partorire perfetti soggetti economici senza presumerne le possibili alterità individuali, necessariamente da isolare. Tutto ciò confluisce nella moltitudine di scarabocchi, disegni, strofe, passi diaristici e registrazioni private prodotte fin dall’adolescenza da Kurt Cobain e a cui Brett Morgen dà movimento: dalle figure antropomorfe ai segni della penna che imperniano, con una certa insicurezza, la carta. Dall’infanzia, intervallando le interviste al padre e alla madre, senza sfuggire a una certa aura divistica di un bambino nato quasi per caso ma destinato a nascere, fino alla difficile adolescenza vissuta tra la ribellione dai genitori e l’isolamento all’interno del tessuto societario di Aberdeen, da cui l’introversione che genererà il suo più oscuro compagno, l’idea del suicidio. La scoperta del punk rock come via di fuga da un’apatia sociale, e quindi la nascita dei Nirvana a dare senso al cul de sac esistenziale. Il successo devastante di Nevermind che espone tutte le incongruenze della personalità di Cobain, cioè la necessità di esser ascoltato ma allo stesso tempo la fuga dal contorno mediale e fanatistico, fino alla paura dell’esposizione all’umiliazione. E infine il complesso rapporto con Courtney Love, la nascita dell’amata Frances (produttrice del film) e la dipendenza sempre più pressante dall’eroina. L’impressione è che Montage of Heck, dietro al gran lavoro di raccolta di documenti privati e non, in fondo non racconti nulla di nuovo su Kurt Cobain. In fondo non c’è nessun tragico mistero da svelare, se non quello di un ragazzo diventato suo malgrado troppo importante per una generazione votata all’apatia identitaria, masticata e risputata come materia organica perché mal digerita dallo stomaco sociale, riempita-svuotata dal meltin’ pot pop-culturale e bisognosa di trovarsi un emblema. In questo però la pellicola di Morgen trova coerenza: rappresentare Kurt Cobain come qualcosa di più dell’ultimo divo del rock. L’enormità del successo dei Nirvana si scontra con l’intimo bisogno di un ragazzo di strillare le proprie necessità, su tutte quella non di trovare qualcosa lungo la via ma piuttosto di scandagliare il modo migliore per esistere su quel fetente “territorial pissing”.
Cobain – Montage of Heck [id., USA 2015] REGIA Brett Morgen.
CAST Kurt Cobain, Courtney Love, Krist Novoselic, Dave Grohl.
SOGGETTO Brett Morgen. FOTOGRAFIA Jim Whitaker. MUSICHE Jeff Danna, Nirvana.
Documentario, durata 132 minuti.