L’Ėjzenštejn carnale
È noto che una delle caratteristiche del cinema di Peter Greenaway è l’uso costante dello split screen e non può dunque stupire che una delle chiavi di lettura del suo nuovo film Eisentein in Messico derivi proprio da tale scelta formale: in una delle sequenze finali vediamo, infatti, lo schermo diviso tra due identiche fotografie del vero Ėjzenštejn e un’inquadratura dell’Ėjzenštejn impersonato da Elmer Bäck.
E proprio accostando l’immagine del vero e quella del “falso” regista sovietico, Greenaway dichiara apertamente l’aspetto fittizio e di ricostruzione/reinterpretazione della sua opera, che mostra un Ėjzenštejn meno intellettuale e più carnale, energico e impulsivo. Qui, infatti, si vede l’autore lettone fare l’amore e soddisfare altri bisogni primari, raccontare con vitalità e sarcasmo la sua esperienza hollywoodiana ed europea, agitarsi al telefono con la sua confidente moscovita. Non è quindi un caso che le riprese e la travagliata produzione di Que viva Mexico! (il film di Greenaway ambientato nel periodo in cui il cineasta era nel Paese del centro America) vengano raccontate solo di lato per lasciare spazio alla storia d’amore del protagonista con Palomino Cañedo, l’uomo che lo guiderà alla scoperta del Paese e, soprattutto, del sesso. Il tutto realizzato e narrato attraverso una regia ricca d’idee, che opera montaggi veloci e quasi frenetici, muove continuamente la cinepresa e mette in evidenza l’uso del digitale, soprattutto nelle scenografie. Questo, unito all’interpretazione volutamente sopra le righe di Elmer Bäck, dà forma non solo a una vitale e divertente dissacrazione di un mito, ma anche a un’opera complessa e stratificata che riflette sulla relazione tra la realtà e la sua ricostruzione, tra il sesso e la morte, tra il regista di Riga e l’Unione Sovietica, e più indirettamente su Ėjzenštejn e il suo cinema. Greenaway descrive l’autore nei suoi aspetti meno razionali per affermare che i suoi film non sono solo dei prodotti teorici e intellettuali, ma anche delle pellicole fortemente vive e spettacolari, che non mirano esclusivamente a educare e far riflettere le masse, ma anche a emozionarle e ad attrarle con immagini forti montate spesso in modo vorticoso. Un aspetto che emerge palesemente in un dialogo su Ottobre, in cui si dice che la rivoluzione ricostruita dal regista nel suo celebre film risulta molto più caotica e violenta di quella reale. Un’affermazione forse eccessiva che ragiona però sul rapporto tra gli avvenimenti e la loro costruzione cinematografica e sulla natura emotiva e carnale dei lavori muti del maestro sovietico.
Eisenstein in Messico [Eisentein in Guanajuato, Olanda/Messico/Finlandia/Belgio/Francia 2015] REGIA Peter Greenaway.
CAST Elmer Bäck, Luis Alberti, Maya Zapata, Lisa Owen, Stello Savante, Rasmus Slatis.
SCENEGGIATURA Peter Greenaway. FOTOGRAFIA Reiner van Brummeien.
Biografico/Commedia, durata 105 minuti.