Singolarità
I giovani, spesso, rivendicano il fatto di poter vivere la propria vita come vogliono senza imposizioni o ostacoli, ed è un leitmotiv che gli adulti faticano a digerire. La vita oscena di Renato De Maria parla di tutto ciò, presentando uno sguardo originale su quello che alla fin fine è un racconto di formazione che altrimenti sarebbe risultato banale.
Tratto dal romanzo di Aldo Nove, che già di per sé era un racconto sofferente e sconvolgente, La vita oscena ci conduce nel viaggio allucinato di Andrea alla scoperta del proprio spazio nel mondo. Un film anomalo per il nostro panorama che farà storcere il naso ai più, come già successo durante la presentazione all’ultima Mostra del Cinema di Venezia, non tanto per i temi trattati ma per la messa in scena “particolare”. Andrea, innamorato della poesia e della madre malata di cancro, si ritroverà orfano dopo la morte improvvisa anche del padre, e inizierà a sperimentare se veramente valga la pena rimanere al mondo attraverso la scoperta e la pratica di ogni tipo di “trasgressione”. De Maria, grazie anche alla fotografia come sempre impeccabile di Ciprì, usa colori sgargianti e controlla montaggio ed effetti visivi, reiterando alcune inquadrature e isolando i suoi personaggi nei paesaggi quasi lisergici che giocano con le unità di spazio e tempo. Gli attori recitano liberamente sopra le righe, anche quando devono giocare in sottrazione come l’ottimo protagonista Clément Métayer doppiato da Fausto Paravidino, e si prestano a scene forti in cui si “spogliano” in favore della storia. La scelta di Métayer, già in Qualcosa nell’aria di Assayas, è pertinente nella caratterizzazione del “rivoluzionario” Andrea: per conoscersi e disobbedire non si unisce alla massa, come invece fecero i giovani sessantottini, ma collauda sulla sua pelle le brutture della vita, sfiorando ogni limite e recependo l’assioma che i singoli, a volte, possono fare la rivoluzione. Dichiarata la matrice reale della vicenda, De Maria è consapevole, e lo dimostra senza prendersi troppo sul serio, che l’aver enfatizzato il tutto fa si che non si perda la verosimiglianza dell’opera. Andrea non è un tossico, un puttaniere, un freak, uno stupido, è un ragazzo che vive e che quindi incappa nell’errore, ma guai a chi lo giudica senza prima conoscerlo. Il suo è un ideale, certo magari non da seguire alla lettera, modus operandi per la sopravvivenza: se non si sperimenta non si sapranno mai quali sono i nostri limiti e si vivrà sempre nella monotonia. “Convertire la maledizione in elezione” come sottolinea Marzia Gandolfi su MyMovies ma senza urtare la sensibilità di nessuno: questa è la forza di La vita oscena: un film consigliato a chi vuole farsi sorprendere ancora da un altro cinema italiano, purtroppo quasi invisibile.
La vita oscena [Italia 2014] REGIA Renato De Maria.
CAST Clément Métayer, Isabella Ferrari, Roberto De Francesco, Iaia Forte, Anita Kravos, Eva Riccobono.
SCENEGGIATURA Renato De Maria, Aldo Nove. FOTOGRAFIA Daniele Ciprì. MUSICHE DeProducers.
Drammatico, durata 85 minuti.