Il mio piede sinistro
Criticatissimo nei giorni della presentazione alla Mostra del Cinema di Venezia 2014, Messi – Storia di un campione ha goduto di una distribuzione italiana decisamente efficace: solo due giorni, a cavallo della inaspettata finale di Champions League fra Juventus e Barcellona.
Si è capito, insomma, che l’unico modo per portare al cinema un prodotto del genere era renderlo un “evento”, una volta tanto nel vero senso della parola (ché da qualche anno le cosiddette proiezioni “speciali” spuntano come funghi, spesso allargando a dismisura il divario fra qualità della visione e prezzo del biglietto). Ma cos’è Messi? Si direbbe – per contenuti e messa in scena – un documentario, ma la definizione va ampiamente stretta. Siamo più dalle parti della docu-fiction, opera che ibrida riprese “reali” con scene di finzione ricostruite ad hoc. Per chi conosce la carriera del regista spagnolo Álex de la Iglesia (Leone d’Argento a Venezia 2010 con Ballata dell’odio e dell’amore) tuttavia, Messi resterà nella memoria come un saggio di “furbizia” e mestiere cinematografico, un bigino su “come imparare a girare un film su un personaggio per il quale non si nutre il minimo interesse”. Del resto, l’impresa non era facilissima: come si può dar vita ad un instant movie quando le peripezie del protagonista sono ancora in atto? De la Iglesia gioca sulla presenza/assenza del campione argentino, girando attorno ad una cena che riunisce amici di infanzia della “pulce” e campioni del calcio presente e passato: Cruyff, Menotti, Sabella, Mascherano, Iniesta, Piqué. Tutti, nell’astuto montaggio dell’autore basco, intenti a disquisire sull’Arte del fenomeno mancino. Rendere lo sport interessante al cinema è pressoché impossibile, ormai lo sappiamo. Nello specifico del giuoco del calcio, i buoni risultati si contano sulle dita di una mano: Il maledetto United (2009), che romanza una storia vera più “umana” che sportiva; Fuga per la vittoria (1981), in cui il football diviene mero pretesto narrativo; Maradona di Kusturica, in cui il cineasta slavo crea un parallellismo fra se stesso e la vita del Pibe de Oro. A de la Iglesia tutte queste possibilità mancano, e Messi – pur evitando l’agiografia – sprofonda prevedibilmente nell’ovvietà. Il piccolo e atomico Leo resta sullo sfondo, celebrato nelle sue magie ma mai messo in discussione. Non si affronta la delusione per la Coppa del Mondo perduta, non si approfondiscono i dubbi sul perché Messi nonostante tutto non riesca ad essere un leader in campo. In pratica, come direbbero i Coen, si “accetta il mistero”, parandosi dietro la giustificazione che a lui interessa solo giocare, è quello il suo modo di esprimersi. Una soluzione molto scaltra, da un certo punto di vista persino condivisibile, ma che porta inevitabilmente a riflettere sull’utilità di un’operazione forse poi non così necessaria.
Messi – Storia di un campione [Messi, Spagna 2014] REGIA Álex de la Iglesia.
SCENEGGIATURA Álex de la Iglesia, Jorge Valdano. FOTOGRAFIA Kiko de la Rica. MUSICHE Joan Valent.
Biografico/Documentario/Docu-fiction, durata 90 minuti.