Gira, il mondo gira
Marco Bellocchio torna ancora una volta nella sua amata-odiata Bobbio, con un film che è insieme riunione di famiglia e bilancio/memoria senile, apparentemente davvero sconcertante, per la sua inclassificabilità (è insieme fiaba, horror gotico, dramma storico in costume, e purtroppo anche debole commedia grottesca e farsesca dai dialoghi inverosimili), e che ha nel doppio la sua figura ricorrente, a partire dalla suddivisione in due parti speculari, la Bobbio cattolica del Seicento e quella omologata e superficiale dei giorni nostri.
In Sangue del mio sangue ritornano gli stessi volti, come quello di Herlitzka, in ruoli diversi (si intravede appena nella prima parte, a dire il vero). C’è un Federico Mai (cognome locale e vana negazione del tempo), irascibile guerriero di vampiresca e vorace sessualità, nella prima parte, e c’è un suo omonimo nella seconda parte, ispettore della Regione con il macchinone, entrambi interpretati da Piergiorgio Bellocchio. Il Federico Mai seicentesco, ospite e amante di due sorelle rossocrinite dalla simile pettinatura (ancora il doppio), ha perso il fratello Fabrizio, ovviamente gemello, sacerdote che si è suicidato – la stessa morte del vero gemello di Marco Bellocchio –, dopo essere stato sedotto da una donna, Benedetta. In una delle scene migliori del film – esempio di quella visionarietà tutta psicologica che è tra le doti migliori del Bellocchio regista – Federico vede, sulla riva opposta del fiume Trebbia, il fantasma del fratello e piange di dolore. In sottofondo, la cover di Nothing Else Matters dei Metallica eseguita, in una versione che può richiamare un coro religioso di voci bianche, dagli Scala & Kolacny Brothers, che cantano anche la Self-fulfilling Prophecy ascoltabile nell’altra scena importante di abissamento nel fiume verdazzurro fotografato da Ciprì. In questo film di volti e di sguardi impotenti, di identità in sospensione e corpi a metà (come il personaggio di Timi, né pazzo né invalido, per lo Stato), scorrono anche tante lacrime, nei numerosi e insistiti primi piani che talvolta impediscono allo sguardo dello spettatore di spaziare. I campi lunghi latitano nella prima parte del film, la mdp sta sempre addosso agli attori, manca il respiro. La metà del film ambientata nell’epoca contemporanea, invece, fa un uso migliore e più eterogeneo dello spazio, ma la claustrofobia che provoca il film rimane costante. Forse perché è una storia di vampiri, reclusi per scelta e col mal di denti (l’anziano notabile del paese, “laudator temporis acti”, non-morto democristiano, spaesato, esterrefatto Nosferatu interpretato da un efficace Herlitzka) e di donne murate vive, ma infine miracolosamente libere, proprio come il Moro di Buongiorno, notte, nella vittoria finale della bellezza sul vecchio potere. Nella nuvola di polvere a tutto schermo, il cardinale – si chiama Federico anche lui – cade a terra stecchito, proprio come il vampiro voyeur all’inseguimento di Elena. Vince la carne che (ri)sorge, Eros prevale su Thanatos. Il mondo non è più piccolissimo, si offre allo sguardo giovane dei puri e continua a girare.
Sangue del mio sangue [Italia 2015] REGIA Marco Bellocchio.
CAST Piergiorgio Bellocchio, Roberto Herlitzka, Alba Rohrwacher, Filippo Timi.
SCENEGGIATURA Marco Bellocchio. FOTOGRAFIA Daniele Ciprì. MUSICHE Carlo Crivelli.
Drammatico, durata 106 minuti.
Bravo Francesco, ottimo pezzo. E’ un film destinato a crescere, su cui bisognerà ragionare ancora. Per me il più bello visto a Venezia quest’anno.
D’accordo con te, Marco. Un gran (e perdonate il gioco di parole) bel Bellocchio.
Grazie, Marco!
Io invece l’ho trovato molto debole, pretenzioso e privo di autenticità. Straordinario dal punto di vista visivo e ben fatto nella prima parte, ma quando vira sui toni “horror-politik” manca di sostanza e si muta in cabaret surreale spiccio. Peccato.
D’accordissimo! Per me è anche peggio….
Si chiama Bellocchio, deve piacere a tutti i costi, nonostante sia un film davvero debole…
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Quando lo vidi a Venezia non mi entusiasmò, ma ripensandoci l’ho un po’rivalutato, soprattutto per la maniera con cui Bellocchio ragiona, beffardamente, sulla storia recente del nostro paese; anche se lo trovo ancora un film più interessante per le riflessioni che crea che davvero bello