SPECIALE PIANETA ROSSO
Il mito della frontiera
La creazione di vari miti e punti di riferimento è fondamentale per le Nazioni e i loro governi, in quanto può servire a fondarne l’esistenza, a mantenerne le caratteristiche dominanti o a proseguire sogni e desideri collettivi. Ciò anche a costo di mentire, falsificare fatti, mettere in scena avvenimenti. Una questione che il cinema ha posto più volte e tramite diversi generi, tra cui la fantascienza e la fantapolitica, com’è il caso di Capricorn One di Peter Hyams.
Il film racconta di tre astronauti statunitensi pronti ad andare su Marte che, a pochi minuti dalla partenza, vengono fatti scendere dal razzo perché questo non garantisce loro la sicurezza necessaria. Tutto ciò in gran segreto in quanto, per non creare delusioni e malumori, le autorità decidono comunque di lanciare nello spazio l’astronave vuota e di costringere i protagonisti a inscenare a terra il loro viaggio e il loro sbarco sul pianeta rosso. Ma con il tempo qualcuno comincerà ad accorgersi dell’inganno. In tale pellicola, Hyams affronta la creazione del mito indirizzandola sulla corsa allo spazio, ritenuta importante dal potere sia per trasmettere speranza ai cittadini sia per dimostrare, a guerra fredda in corso, la maggiore capacità tecnologica degli States rispetto al blocco sovietico; ragioni di Stato che portano a omettere fatti scomodi e a crearne altri più positivi ma mai avvenuti. E in tutto ciò, l’autore lancia anche un sottile parallelismo tra l’espansione a ovest dell’Ottocento e la tentata conquista spaziale del film. Entrambi miti in qualche modo fondativi o potenzialmente tali (del Paese nel primo caso, del progresso umano nel secondo), sono ambedue in qualche modo esaltati o falsificati: il west soprattutto dal cinema, che l’ha raccontato come un mondo violento e selvaggio dove si conquistava faticosamente la civiltà; l’avanzamento spaziale dai diversi media, che lo connotano come eroico e necessario. Un discorso che emerge sottilmente in una sequenza dove viene mostrato un video amatoriale western che si rivelerà importante anche per lo sviluppo dell’intreccio, in quella che è una scena che riesce a rivelare un sottotesto senza rallentare la narrazione. Ed è forse proprio questo il maggiore pregio dell’opera: affrontare discorsi più o meno complessi mantenendo sempre il flusso del racconto, che infatti viene egregiamente portato avanti con ritmo serrato e una certa ironia anche nei momenti in cui si passa da un genere all’altro, dal sci-fi alla fantapolitica fino al thriller d’azione. Componenti che non solo mettono in secondo piano le occasionali forzature del copione, ma che fanno di Capricorn One un buon esempio di una delle più grandi qualità del cinema hollywoodiano: l’unione tra scorrevolezza narrativa e stratificazione tematica.
Capricorn One [id., USA 1978] REGIA Peter Hyams.
CAST Elliot Gould, James Brolin, Brenda Vaccaro, O.J. Simpson, Hal Holbrook.
SCENEGGIATURA Peter Hyams. FOTOGRAFIA Bill Butler. MUSICHE Jerry Goldsmith.
Fantascienza/Thriller, durata 124 minuti.