SPECIALE ASSASSINI NATI
Uomini al tramonto
Grisbi colloquialmente sta per grana, bottino, il titolo originale (Touchez pas au Grisbi) invita a non toccare. Il contatto porterebbe rovina, perdizione, morte. Tutti coloro che nel film vi hanno a che fare in qualche modo ne vengono scottati, gli otto lingotti d’oro bruciano a tal punto che passando di mano in mano finiscono in un auto in fiamme: intoccabili.
In quell’oro Max cercava riposo più che ricchezza; a differenza di Riton ha preso coscienza delle sue forze che svaniscono, del viso che inizia ad appesantirsi, del non essere più adatto alla vita di chi insegue. Nel piccolo locale umile, onesto e casareccio di Bouche, Max si sente a casa propria molto più che nel locale notturno in cui si esibiscono due giovani amiche. «Dopo mezzanotte mi sembra di essere agli straordinari», afferma. Il volto di Max è quello di Jean Gabin che, dopo i fuochi degli anni ’30/‘40, con le misurate interpretazioni degli anni ‘50 e ‘60 ha costruito il monumento di se stesso: una figura imponente, estranea al tempo, atarassica. Quando, dopo il colpo da 50 milioni, su di lui e su Riton, amico di una vita, ricadono le invidie del giovane Angelo e Riton viene preso in ostaggio, Max agisce senza rabbia, senza fretta, non tenta l’impossibile bensì accetta lo scambio Riton-bottino e mette in pratica esperienza e mestiere, seguendo l’etichetta come un copione, come un meccanismo ineluttabile a cui si sottomette una volta ancora. Nell’incastro perfetto di trame, regia, montaggio coordinato da Becker brillano istanti di pietà, di tenerezza, di umanità, condensati in sguardi, gesti, momenti di sospensione di personaggi letti nel pensiero, colti nella loro solitudine. Riton che allo specchio si tasta il mento cadente, la compagna di Max che per tirarlo su gli pizzica il dorso della mano, lo sguardo tra Max e Riton nel momento del pagamento del riscatto, la moglie del proprietario del locale notturno, socio di Max, preoccupata per il marito quando lo vede preparare le armi, Bouche che mostra amorevole a Max i prodotti della sua cucina tradizionale. Tutti ingredienti che fanno di Grisbi un poliziesco “aumentato”. L’ecletticità di Becker esce allo scoperto anche quando riesce nell’humour sottotraccia della scena in cui Riton e Max consumano fette biscottate, paté e vino parlando del loro tramonto come uomini e come gangster. L’unico vero momento d’azione del film è forse l’ultimo momento di vera attività criminale di Max, che forse d’ora in poi vorrebbe solo sfuggire alla sua ombra e potersi godere in pace il lento blues dal disco che cerca in ogni juke-box e che chiude il film.
Grisbi venne presentato con successo alla 15° Mostra di Venezia, edizione memorabile in cui vennero presentati anche La finestra sul cortile, Aria di Parigi, La strada, Fronte del porto, L’intendente Sanshô e I sette samurai. Gabin vinse la Coppa Volpi.
Grisbi [Touchez pas au Grisbi, Francia/Italia 1954] REGIA Jacques Becker.
CAST Jean Gabin, René Dary, Lino Ventura, Denise Clair, Jeanne Moreau.
SCENEGGIATURA Jacques Becker, Albert Simonin, Maurice Griffe (dal romanzo omonimo di Albert Simonin). FOTOGRAFIA Pierre Montazel. MUSICHE Jean Wiener.
Poliziesco, durata 90 minuti.