A scuola di vita, a suon di musica
Spagna franchista, 1965. Scoperta la località del set cinematografico di Lennon, Antonio, docente e fan accanito dei Beatles, parte per andare a conoscerlo. A lui si uniscono Belén e Juanjo, in fuga rispettivamente da un istituto per ragazze madri e dalla famiglia che mal sopporta gli adolescenti capelloni e anticonformisti.
Dopo quasi due anni dal debutto spagnolo, esce finalmente anche in Italia il nono film del madrileno David Trueba, vincitore di ben sei premi Goya, e fratello di Fernando, cineasta da Oscar. Il regista, scandagliando volutamente vari generi cinematografici (nel film scoviamo – a sorpresa – persino un cammeo ironico che omaggia gli spaghetti western con la scena del docente/guerriero solitario che vuole farsi giustizia da sé), pur partendo da episodi biografici propri e altrui riesce a travalicare i confini del puro biopic. I suoi protagonisti, lungi dall’essere semplicemente delle persone comuni, si rivelano dei veri e propri eroi silenti che cercano di opporsi ai tempi storici avversi per fare la differenza nella loro piccola aura quotidiana. Ne è un esempio il bambino analfabeta e mendicante di Almeria che, privato della beata ingenuità infantile e del diritto allo studio, dimostra un’eccezionale dignità, senso pratico e responsabilità familiare inconsueta per la giovane età. E che cosa dire di Antonio, ispirato alle gesta di Juan Carrión Gañán, che negli anni Sessanta intraprese davvero un viaggio per incontrare Lennon e invitarlo nella sua scuola? Anche se qualcuno potrebbe ancora storcere il naso di fronte all’idea di insegnare un idioma partendo dai testi delle canzoni, la maggioranza di noi oggigiorno non avrebbe problemi a definirla un esempio di metodologia didattica fresca, coinvolgente e utile perché basata su fonti linguistiche tangibili. Rapportato al contesto storico di riferimento questo coraggioso e innovativo modo di far lezione diventa ancora più strabiliante: il sistema micidiale di censura col quale lo Stato combatteva tutto quello che minacciava di intaccare il potere e l’immagine pubblica del Caudillo è oramai noto come il fatto che solo negli anni Sessanta furono quasi quattromila le canzoni di interpreti nazionali e non vietate perché considerate una potenziale arma di diffamazione politica e religiosa. Quando nel ’65 i Beatles approdarono finalmente in Spagna per un breve tour, la maggior parte degli spagnoli non poté però far altro che accontentarsi della tiepida cronaca dell’evento targata No-do, il notiziario ufficiale dello stato franchista, che − selezionando minuziosamente le immagini mostrate, come era solito fare − decretò che l’accoglienza iberica riservata ai Fab Four era stata tutt’altro che entusiasta, come dimostrato dalla scarsa affluenza ai loro live. Cercate i filmati trasmessi e il materiale girato rimasto inedito e rimarrete sorpresi.
La vita è facile ad occhi chiusi [Vivir es fácil con los ojos cerrados, Spagna 2013] REGIA David Trueba.
CAST Javier Cámara, Natalia de Molina, Francesc Colomer, Ariadna Gil.
SCENEGGIATURA David Trueba. FOTOGRAFIA Daniel Vilar. MUSICHE Pat Metheny, Charlie Haden.
Commedia, durata 105 minuti.
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