SPECIALE 33° TORINO FILM FESTIVAL
E dopo venne il caos
Tratto da Il condominio di Ballard, e presentato nel variegato fuori concorso del festival torinese Festa Mobile, High Rise è un eccessivo, barocco, furioso e grottesco ritratto di un microcosmo sociale e della sua implosione, che guarda a Cronenberg e che mantiene il cinico umorismo tipico del britannico Ben Wheatley, regista di beffarde commedie “cattive” come Killer in viaggio (unico suo film distribuito nelle sale italiane, almeno a memoria di chi scrive).
Il microcosmo è racchiuso in un elegante e autosufficiente grattacielo, progettato da un visionario, utopico e ambizioso architetto con l’obiettivo di creare un modello di convivenza sociale. L’arrivo nella “comunità” di un giovane, intelligente e affascinante psichiatra coincide con lo scatenarsi delle recriminazioni e delle vendette tra i ricchi e benestanti dei piani più alti e la middle-class dei piani più bassi, che diventa ben presto una vera e propria guerra, in un’escalation che riporta i condomini in una condizione bestiale e che rende vane buona parte del progresso sociale, come dimostra il ratto delle sabine delle varie donne. Questo climax di violenze e di tensioni è raccontato da una narrazione che non dà punti di riferimento e soprattutto da uno stile furioso, che nella propria furia barocca riesce a sostenere la densità – narrativa e metaforica – del riferimento letterario e a trasmettere il nichilista e beffardo ritratto culturale e sociale di fondo. Il caos creato dalla bulimia stilistica del regista diventa così un perfetto esempio di come stile e contenuto siano interdipendenti e, insieme alla commistione di toni diversi (dal cinismo di certe battute all’iper-realismo di certe sequenze violente; dal dialogo con stilemi horror – il grattacielo come entità quasi soprannaturale – al surrealismo delle scenografie), permette al film di uscire dai confini del didascalismo e di diventare un lucido e disturbante manifesto di pessimismo sociale, buono sia per capire l’oggi che per capire l’ieri. Innumerevoli sono i riferimenti a situazioni quasi quotidiane e a personaggi tipici (dalle recriminazioni degli strati più bassi mosse più dall’invidia che da reale sdegno, all’ignoranza cattiva dei conservatori più duri e puri che contrasta con l’utopia visionaria dell’intellettuale/architetto, fino all’impossibilità dello psichiatra protagonista di rimanere indipendente dai due gruppi), e sardonica è la riflessione sull’inutilità delle sovrastrutture. Wheatley affronta di petto la scottante materia e vince l’ardua scommessa(nonostante dopo una prima parte quasi perfetta in seguito il film sia effettivamente troppo bulimico e con qualche ridondanza), lasciando da parte la timidezza e realizzando un affresco eccessivo e magnifico, lucido proprio perché vive, come la realtà fantastica e allo stesso tempo verosimile che racconta, di eccessi.
High Rise [id., Gran Bretagna 2015] REGIA Ben Wheatley.
CAST Tom Hiddleston, Jeremy Irons, Elisabeth Moss, Sienna Miller, Luke Evans.
SCENEGGIATURA Amy Jump (tratta dal romanzo Il condominio di J.G. Ballard). FOTOGRAFIA Laurie Rose. MUSICHE Clint Mansell.
Grottesco, durata 112 minuti.