Povero Mastandrea
“Il problema di questo Paese è da sempre la classe dirigente” dice Enrico Giusti (Valerio Mastandrea) quando decide di spiegare in cosa consista il suo misterioso lavoro: convincere i titolari di aziende in crisi a cedere la loro quota di maggioranza alla società che rappresenta, evitando così di distruggere definitivamente l’impresa di famiglia. Il supposto idealista Enrico finge di non accorgersi che i signori Bernini, suoi capi, risanino le aziende in questione tagliando in modo brutale il personale.
Gianni Zanasi torna dopo otto anni dietro la macchina da presa con un film che vorrebbe riprendere gli stilemi della piacevole e briosa commedia agrodolce Non pensarci, peccato che il risultato sia molto lontano dalle intenzioni dell’autore. Il tentativo di raccontare una delle facce della crisi economica italiana adottando un punto di vista inusuale potrebbe essere interessante se solo Zanasi fosse in grado di discostarsi da una rappresentazione macchiettistica della realtà e dei personaggi. Tra giovani industriali che vogliono lasciare l’agiata vita italiana per trasferirsi in Costarica e Nuova Zelanda e figli di papà che sfogano l’infelicità facendosi di eroina, ecco il diciottenne rampollo di una ricca famiglia trentina che, morti i genitori in un incidente, si trova a dover fare un corso accelerato di economia capendo che lo zio vuole delocalizzare in Romania licenziando i lavoratori italiani. Sconvolto dall’incredibile rivelazione, scoprirà che in paese nessuno gli parla più e assisterà al tentato suicidio di un operaio incazzato che prova a darsi fuoco. Temi così importanti meriterebbero un altro tipo di riflessione, lontana da superficialità, faciloneria e luogo comune, e avrebbero bisogno anche un altro stile di regia, qui oltremodo ridondante e patinata, dove si sprecano le carrellate alla Sorrentino e altri supposti virtuosismi fini a se stessi. L’abbondanza di scene con sottofondo musicale gravano su di un film il cui ritmo diseguale non avrebbe bisogno anche di questa serie di mini videoclip che oltretutto, in almeno un paio di casi (il momento in cui viene raccontata la morte dei genitori di Filippo e Camilla; il finale dove Mastandrea segue in bici un gruppo di skaters), sono in un non invidiabile equilibrio tra ridicolo e cattivo gusto. La felicità è un sistema complesso è un film confuso, che si poggia su una sceneggiatura approssimativa nel descrivere personaggi posticci e privi di spessore (menzione speciale per la “fidanzata israeliana”) all’interno di scene che cadono spesso nel nonsense. Peccato solo che la complessiva pochezza travolga anche il sempre volenteroso Mastandrea, l’unico a beneficiare di qualche reminiscenza di Non pensarci e a farsi interprete delle poche battute azzeccate e di qualche momento riuscito. Che la felicità sia un sistema complesso costituito da variabili semplici è un’opinione condivisibile sulla quale sarebbe interessante discutere, ma senza bisogno di vedere il film.
La felicità è un sistema complesso [Italia 2015] REGIA Gianni Zanasi.
CAST Valerio Mastandrea, Hadas Yaron, Giuseppe Battiston, Filippo De Carli, Teco Celio.
SCENEGGIATURA Gianni Zanasi, Michele Pellegrini, Lorenzo Favella. FOTOGRAFIA Vladan Radovic.
Commedia, durata 117 minuti.