Il cinema del (tentato) ascolto
Presentato all’ultimo festival di Cannes, Le ricette della signora Toku di Naomi Kawase è un film poetico che ha nell’ascolto il suo perno centrale. Qui, infatti, ve ne sono due tipi: quello degli esseri umani e quello della natura.
Questo a cominciare dalla vicenda narrata, che vede come protagonista Sentaro, un piccolo venditore di dorayaki (focaccette ripiene di marmellata di fagioli rossi) che ha bisogno di un aiutante. A proporsi all’uomo vi sarà Toku, un’anziana signora molto brava a realizzare la confettura. Inizialmente riluttante, Sentaro accetterà l’aiuto della donna dopo aver assaggiato la sua ricetta. Tra i due comincerà così un rapporto affettivo simile a quello tra madre e figlio. Se l’ascolto tra gli esseri umani è delineato da una trama intimista che si concentra su due individui soli ed esclusi dalla società che provano a comprendersi l’un l’altro, quello della natura emerge attraverso alcuni dialoghi e, soprattutto, tramite una regia impegnata a inquadrare in modo curato e contemplativo l’ambiente circostante e il farsi lento della ricetta. “Bisogna accoglierli bene”, “bisogna ascoltarli” dice la signora Toku a proposito dei legumi, di cui intende sapere o intuire la “storia”, il percorso, la strada che hanno intrapreso dalla terra alla cucina, in quella che vuole essere una coscienza anche e soprattutto spirituale dell’universo. Ciò anche perché negli intenti dell’opera i due ascolti presenti dovrebbero formare un tutt’uno armonico: il sentire la natura e la sua “storia” combaciarebbe con la comprensione dell’uomo e dei suoi trascorsi. Un elemento teorico che però fa fatica a emergere con efficacia a causa della profonda scissione qualitativa tra forma e contenuto. Infatti, mentre l’aspetto “naturale” è reso in modo suggestivo dal talento estetico della Kawase, quello umano viene rappresentato in maniera a tratti didascalica e mielosa dalla sceneggiatura, che − specialmente nell’ultima parte − delinea il rapporto tra i protagonisti con troppa retorica e con un’eccessiva quantità di dialoghi esplicativi. Dunque, la grande distanza tra un racconto poco riuscito e una composizione visiva estremamente curata fa sì che di conseguenza anche i due tipi di ascolto risultino separati e isolati, quando invece sarebbero dovuti essere uniti e collegati, non solo idealmente, ma anche linguisticamente. Così, il lavoro della regista risulta indubbiamente a tratti poetico e concettualmente interessante, ma nel complesso scisso e disarticolato, composto da due poli che non riescono ad “ascoltarsi”. E per un film incentrato sull’armonia, questa è una mancanza abbastanza grave che rende il risultato complessivo non pessimo, ma comunque piuttosto deludente.
Le ricette della signora Toku [An, Giappone/Francia/Germania 2015] REGIA Naomi Kawase.
CAST Kirin Kiki, Masatoshi Nagase, Kyara Uchida, Miyoko Asada, Etsuko Ichihara.
SCENEGGIATURA Durien Sukegawa, Naomi Kawase. FOTOGRAFIA Shigeki Akiyama. MUSICHE David Hadjadj.
Drammatico, durata 113 minuti.