Cinema, Museo, Futuro
Presentato in concorso all’ultima Mostra del Cinema di Venezia, da dove è significativamente uscito senza premi in mano, Francofonia – Il Louvre sotto occupazione è il misterioso film che Aleksandr Sokurov da tempo preparava, non senza congetture e aspettative di pubblico e addetti ai lavori, a partire da una commissione illustre come quella dello storico museo parigino.
Tutte le attese sono clamorosamente depistate, perché il maestro russo ha saputo sintetizzare, in quella che probabilmente è l’opera d’arte più coraggiosa del 2015, lo spirito di una ricerca frammentaria e apparentemente fallimentare, facendo trionfare sul didascalismo di una ricognizione museale le piste multiple di una seduta autoanalitica, di un’elaborazione storica e di una teoria politica, incessantemente guidate dall’ossessiva voice over dell’autore. Si parte quindi da un preciso punto di vista: quello del regista nel suo studio (il riferimento a Godard, seppur lontano, è legittimo nel quadro di una messinscena dell’artigiano al lavoro), in contatto attraverso Skype con il capitano di una nave cargo, preda di una violenta tempesta nel cuore dell’Oceano, che sta trasportando in grandi container i capolavori dell’Arte del passato. Ben presto però il film si apre ad altro: più caparbiamente infatti la prospettiva del regista permane e viene ribadita, più si infittiscono i piani della rappresentazione e i flussi inafferrabili di innegabili contraddizioni. Potremmo dire che Francofonia è un laboratorio della contraddizione: non nella chiave, facile alla critica, di un lavoro drammaturgicamente instabile o stilisticamente incoerente, ma nella forma a dir poco incontenibile del pensiero al lavoro. Così, accanto alla ricostruzione finzionale del rapporto, storicamente documentato, tra il direttore del Louvre al momento dell’occupazione nazista, Jacques Jaujard, e il funzionario tedesco Wolff-Metternich incaricato di salvaguardare il patrimonio artistico dei paesi occupati, il montaggio di Francofonia asseconda senza soluzione di continuità il profilarsi di vere e proprie visioni dotate di doppio vincolo (temporale, spaziale, spazio-temporale!), dove alle opere d’arte succedono le corse di Marianne e Napoleone nelle sale del Louvre, ricognizioni aeree con droni sopra i cieli di Parigi, aerei d’epoca che invadono il museo stesso. Dove ci troviamo esattamente? Una risposta, forse, esiste: al di fuori della cornice che ci saremmo aspettati. Laddove Sokurov, forse godendo del nostro stesso smarrimento, ci costringe a un cambio di sguardo sul sistema di cultura e di potere che l’istituzione Louvre incarna, convinto che, per comprendere il nostro punto di vista, dobbiamo sempre poterlo osservare da fuori. Ecco cos’è il Louvre, ecco cos’è l’Europa per Sokurov: quell’oggetto storicamente non meglio identificato che porta ancora con sé il proprio rimosso, fatto di eredità novecentesche (e non solo), tensioni figurative irrisolte, e naturalmente il racconto parallelo di un’illustre esclusione. Quella della Russia nella cornice geopolitica di un continente, su cui il maestro sente di poter fondare il proprio, unico e profondissimo, film-ipotesi aperto al futuro.
Francofonia – Il Louvre sotto occupazione [Le Louvre sous l’Occupation, Francia/Germania/Paesi Bassi 2015] REGIA Aleksandr Sokurov.
CAST Louis-Do de Lencquesaing, Benjamin Utzerath, Vincent Nemeth, Johanna Korthals Altes.
SCENEGGIATURA Aleksandr Sokurov. FOTOGRAFIA Bruno Delbonnel. MUSICHE Murat Kabardokov.
Drammatico, durata 90 minuti.