Tempo reale
La quinta stagione di Homeland verrà certamente ricordata per le dolorose coincidenze del suo racconto con i fatti del contemporaneo, producendo in molti la sensazione di un’elaborazione finzionale in real time, al limite del consentito, sempre a rischio semplificazione, azzoppata nel dialogo con l’attualità dagli evidenti schemi di genere cui, ora per scelta, ora soprattutto per necessità, i suoi ideatori hanno deciso da tempo di consegnarla.
Così, se il monologo di Peter Quinn sul destino di una città come Raqqa e sulle strategie per affrontare l’ISIS suonano simili a un campanello d’allarme negli occhi e nelle orecchie dello spettatore (per la prima volta Homeland, che sempre ha indagato le misteriose strade della politica estera e della security statunitensi, riusciva anche a intercettare la latenza del loro smarrimento), sul piano narrativo il lungo intreccio, di ambientazione berlinese, fondato sulla pianificazione di un attentato terroristico di matrice fondamentalista, sembra ricondurre la serie alla missione dell’intrattenimento, non senza alcuni spunti di valore che confermano l’ipotesi di ripresa qualitativa dello show, così come la quarta stagione lasciava intravedere. Di fronte a una Carrie Mathison suo malgrado in lotta con l’emarginazione volontaria dalla CIA e dal rapporto con Saul Berenson, la trama degli eventi si infittisce in parallelo ai punti di vista dei personaggi in gioco: da una parte Saul, che senza Carrie si trova esposto a inganni e debolezze, dall’altra Peter Quinn, anima persa dell’intelligence e vettore impazzito di qualsivoglia strategia dell’azione, fino alle mosse dei colleghi tedeschi (un’intensa Nina Hoss quale punto di riferimento) e quelle del controspionaggio russo, fermo nell’interesse di danneggiare gli americani e l’Europa anche a fronte di un pericolo imminente e fatale. Questa stagione concede anche il subplot più sorprendente allo sfaccettato personaggio di Allison Carr, vera dea ex-machina della vicenda, shakespearianamente divisa lungo il crinale del tradimento e dei suoi dubbi: convincente Miranda Otto nel tratteggiare una figura costretta a una macchinazione dietro l’altra per vedere garantita la propria sopravvivenza, in una spirale di colpi di scena tanto elaborati quanto fulmineo e raggelante è il loro esito. In questo quadro di ritrovato interesse, Homeland si apre alla possibilità, apparentemente fuori tempo massimo, di tenere fede al suo debito verso la contemporaneità: quale uso saprà farne, specialmente in relazione ai propri stilemi e, in alcuni casi, alle proprie idiosincrasie, è cosa ancora tutta da vedere. Intanto, la sesta stagione, è stata da poco confermata.
Homeland [id., USA 2011-in corso] IDEATORE Howard Gordon, Alex Gansa.
CAST Claire Danes, Mandy Patinkin, Rupert Fiend, F. Murray Abraham, Miranda Otto.
SCENEGGIATURA Howard Gordon, Alex Gansa.
Drammatico/Thriller, durata 55 minuti (episodio), stagioni 5.