SPECIALE DALTON TRUMBO
Il Trumbo banalizzato
Il maccartismo è stato certamente uno dei periodici storici recenti più cupi degli Stati Uniti. Infatti, per un Paese che si autodefinisce come la Patria della libertà, aver perseguitato i propri cittadini per le loro idee politiche è una contraddizione e una vergogna da ricordare e analizzare con coscienza critica. Una pagina nera che ha coinvolto anche il cinema e che Hollywood ha raccontato con film dal chiaro impegno civile, come Il prestanome di Martin Ritt e Good Night, and Good Luck. di George Clooney.
Anni bui affrontati anche da L’ultima parola – La vera storia di Dalton Trumbo di Jay Roach. L’opera si svolge tra la fine degli anni ’40 e gli anni ’50, quando il famoso sceneggiatore venne inserito nella lista nera di Hollywood perché sospettato di comunismo. Le conseguenze furono drammatiche: l’uomo venne licenziato, arrestato e, in seguito, costretto a lavorare sotto pseudonimo per film serie C. Questo almeno fino all’incontro con Kirk Douglas e Otto Preminger. Nonostante il soggetto forte e potenzialmente molto politico, il lavoro di Roach non s’inserisce nel cinema civile dei Ritt e dei Clooney, ma risulta invece un classico e convenzionale biopic. Infatti la pellicola – come altre dello stesso genere – punta su una narrazione che unisce la sfera pubblica a quella privata (qui vi è il rapporto complesso ma complice di Trumbo con la moglie e la figlia primogenita), su una ricostruzione storica un po’ laccata ma riuscita e, soprattutto, sulle buone performance dei protagonisti. Il tutto scritto e messo in scena senza phatos né particolari guizzi, senza retorica ma anche senza idee o particolari riflessioni (se non nella descrizione del differente approccio politico tra Trumbo e Arlen Hird, altro sceneggiatore inserito nelle liste nere). Risulta dunque evidente che l’autore non prende alcun rischio e si limita piuttosto a raccontare e illustrare una storia in modo “corretto” e scorrevole, realizzando un film piano e lineare, nel quale non ci sono né momenti bassi né punte alte. Il risultato è a tratti piacevole, ma nel complesso piatto e anonimo, forse un po’ televisivo, senza infamia e senza lode, e verrebbe da dire senza forza vitale, se non nelle sequenze con John Goodman, l’unico che riesce a sollevare l’opera dalla sua placidità. Un peccato, perché il robusto soggetto di partenza avrebbe meritato un approccio più energico, coraggioso e profondo di quello di Roach, che invece lo banalizza sviluppandolo in maniera convenzionale. Elementi che fanno di L’ultima parola un film magari di buona fattura e ben confezionato, ma comunque deludente. Fondamentalmente, un’occasione sprecata.
L’ultima parola – La vera storia di Dalton Trumbo [Trumbo, USA 2015] REGIA Jay Roach.
CAST Bryan Cranston, Diane Lane, Helen Mirren, Louis C.K., Elle Fanning, John Goodman.
SCENEGGIATURA John McNamara. FOTOGRAFIA Jim Denault. MUSICHE Theodore Shapiro.
Biografico, durata 124 minuti.
Chi l’avrebbe mai detto che avrebbero banalizzato e depotenziato un personaggio e una storia forte come quella di Dalton Trumbo.