SPECIALE SUPERMAN
Lasciate ogni speranza (o no)
Kingdom Come potrebbe essere il libro dell’Apocalisse nella Bibbia dei supereroi. A partire dal titolo dall’evidente richiamo biblico, tutta l’opera è pervasa da una sorta di furore profetico, una sorta di rifacimento non religioso della Bibbia.
Battaglie e profezie, la divisione dei giusti dagli empi: la storia narra di un futuro in cui i discendenti dei canonici supereroi non sono poi così interessati a salvare il mondo, usando i loro poteri per scopi ben più personali e molto meno altruistici, e in cui molti, tra cui Batman, hanno scelto di servire la giustizia con pugno di ferro, pervertendo il concetto di bene superiore. Lungi dall’essere solo una maxi-rissa per ristabilire un equilibrio, Kingdom Come mostra una vecchia guardia stanca e disillusa, ma anche la promessa del risorgere di nuove speranze tra le fila dei buoni. E di questa speranza Superman ha bisogno: ritornato dall’auto-imposto esilio, dopo una catastrofe nucleare provocata proprio da coloro che questo disastro avrebbero dovuto evitare. Simbolo perfetto di un (super)uomo che ha perso il suo centro, ma che viene chiamato ancora in campo, il Superman di Ross è cupo, svuotato, diverso. L’epopea iniziale immaginata da Ross prevedeva un focus molto maggiore su Superman, tanto che l’evolversi della storia con numerosi altri archi narrativi provocò non poche tensioni con il resto del team. Ma, tensioni o meno, il risultato finale è una serie di tavole che prendono una storia tutto sommato già vista con la precedente Justice League e trasformano una super-rissa in un’epica battaglia tra eroi e villains. Il segreto di Ross sta nell’ottima capacità di saper costruire non tanto la storia – che talvolta viene trascurata in favore del mero scontro – ma la tensione narrativa. Il che permette di giustificare interi momenti di pura reminiscenza nostalgica che poco ha effettivamente a che fare con la trama, a sua volta spezzettata in mille altre sottotrame. Tavole sature, un ritmo quasi schizofrenico nelle scene collettive e riferimenti nostalgici (o ironici tributi, a seconda del grado di cinismo di chi guarda quei disegni) ai tempi passati, tutto questo assume una grazia narrativa che ben si sposa con l’accento apocalittico di un mondo vicino al collasso, stanco e vecchio, ma incapace – per fortuna – di arrendersi.
Kingdom Come [id., USA 1996] TESTI Mark Waid. DISEGNI Alex Ross.
EDITORE DC Comics.
Graphic Novel, colore, 230 pagine.