Per questo lo chiamano rock and roll
Dopo un pilot senza mezze misure − quasi due ore di pura adrenalina, dosata e direzionata ad arte dalla mano di Martin Scorsese − la prima stagione di Vinyl ha proseguito imperterrita la propria rotta, guadagnandosi non solo il rinnovo per il 2017, ma gli allori di uno dei prodotti televisivi più interessanti dell’anno.
Creata da Scorsese, Mick Jagger, Rich Cohen e Terence Winter, Vinyl ha avuto il merito di dilatare le istantanee vivide ma sparse nella memoria collettiva della grande stagione musicale newyorkese e americana di metà e fine anni Settanta, regalando al pubblico un’immersione cinematica totale dentro la trasformazione di un’epoca, di un mondo, di un cultura, a partire dall’esperienza stessa del lavoro discografico, delle sue relazioni, dei suoi valori e delle sue crisi. È bene precisarlo: questa immersione non passa mai per l’archivio, ma attraverso un universo completamente ricostruito a partire da fatti e personaggi reali, frutto di una sapienza talmente sottile da spaventarci quasi, quando a pochi giorni dalla morte di David Bowie assistiamo all’esibizione di un formidabile sosia, personaggio-lampo di uno degli episodi della serie. Così varrà per i Led Zeppelin, Otis Redding, per Lou Reed, Nico e i Velvet Underground, per Janis Joplin, Alice Cooper e tanti altri, anche minori. Vinyl cova e rinnova in sé proprio questo potenziale, di esercitare cioè, attraverso la finzione, una provocazione, una frizione non solo tra tempi e substrati culturali differenti, ma tra visibile e invisibile, tra perduto e ritrovato. Vinyl è il film di fantasmi che, con tutti gli artifici spettacolari che era possibile aggiungere, molti immaginavano ad occhi chiusi una volta fatta scivolare la puntina su un disco indimenticato dell’epoca. Altri potrebbero storcere il naso, perché allo stesso tempo la serie innesta su simili premesse un plot ingombrante e pervasivo, vero trait d’union di questo excursus massimalista, costringendo un intero mondo a passare attraverso gli occhi di Richie Finestra, protagonista assoluto e, grazie all’interpretazione magnetica di Bobby Cannavale, tra le figure più seducenti della recente serialità. Nella storia di questo scapestrato produttore discografico, che in sé assume tutto lo scandalo della ricerca artistica e della corruzione, dell’amore e della promiscuità, del talento scardinato dagli effetti di alcool, droga e crimine, si concentrano i riflessi, pubblici e privati, di un’America come non più è stata, di una dimensione di prossimità con i propri istinti che nel punk ha trovato il suo slancio più incisivo e, forse, non si è più ripresentata per davvero. Vinyl raccoglie e moltiplica tutti questi frammenti di rabbia, contraddizione, gioia e paura, in un caleidoscopico circo di fantasie che, tra nebbie e flare colorati, lisergicamente svela improvvisi momenti di quasi-musical: quando le canzoni di quegli anni, piccole e grandi, erano capace di materializzarsi e dettare il tempo di intere vite. Oppure no, erano solo canzonette, ma potevano lusingare le più dirompenti passioni, alimentarle come benzina. Per questo lo chiamano rock and roll.
Vinyl [id., USA 2016 – in corso] IDEATORI Martin Scorsese, Mick Jagger, Rich Cohen, Terence Winter.
CAST Bobby Cannavale, Ato Essandoh, Olivia Wilde, Juno Temple, Ray Romano.
Drammatico, durata 55 minuti (episodio), stagione 1.