Il prezzo della morte
Le prospettive attraverso cui guardare ed analizzare meticolosamente il conflitto prima di passare all’azione si moltiplicano, nel dramma etico Il diritto di uccidere del sudafricano Gavin Hood, nei disegni dei tanti attori sociali predisposti al comando: colonnelli, piloti, agenti sotto copertura e alte cariche governative. Ognuno vede la sua realtà, deformata dalle complicazioni etiche e morali dell’“orrore”.
Non è l’odore del napalm al mattino che risveglia i sensi intorpiditi dei tenenti di guerra, il puzzo di corpi bruciati si avverte solo dopo l’attacco; prima c’è l’antefatto, la strategia bellica che oggi si affida ai droni, “occhi nel cielo” pronti a saettare nell’aria per colpire gli obiettivi sensibili. Ciò che il regista costruisce su una salda scrittura dal respiro teatrale, è uno spazio scenico in cui sono rispettate le unità di azione e di tempo, mentre si assiste ad una moltiplicazione dei luoghi in cui complottisti e strateghi decidono a distanza di sicurezza chi ha il “diritto di uccidere”, considerando mille varianti, mille stime approssimative e cercando di dipanare un’aggrovigliata matassa di problemi morali. Succede così che una normale operazione di cattura della terrorista britannica al servizio dell’organizzazione sunnita di Al-Shabaab, pronta a farsi esplodere insieme ai suoi complici, si trasformi in un ordine di uccisione prima che si compia il massacro per le vie di Nairobi. A decidere le sorti della missione c’è il pragmatico colonnello Katherine Powell (Helen Mirren) coadiuvata all’azione congiunta dal tenente Frank Benson (ultima prova del compianto Alan Rickman), il comparto tecnico formato dai due piloti Steve Watts (Aaron Paul) e Carrie Gershon (Phoebe Fox), un agente kenyota sotto copertura che comanda un drone a forma di scarafaggio e le alte cariche governative che dialogano nelle varie stanze dei bottoni attraverso gli schermi dei computer. Ciò che rende ardua la scelta è l’arrivo improvviso di Alia, una bambina che si mette a vendere pane fresco nei pressi dell’imminente strage. Votato alla contemplazione e al dialogo, Il diritto di uccidere affronta la difficile tematica della guerra asimmetrica, combattuta a distanza dai masters of war attraverso l’uso dei droni. Se il risultato più alto raggiunto in questa tematica è stato il potente manifesto teorico di Zero Dark Thirty, Andrew Niccol, ad esempio, rispetto all’eccelsa Bigelow, restituisce della materia pulsante schegge di una problematica ben più vasta che il suo Good Kill ha affrontato solo in superficie. Gavin Hood dal canto suo si situa in una zona di confine, adeguandosi ad un modello di narrazione che rilegge la modernità attraverso uno studio classicistico di ambienti e personaggi, configurando Il diritto di uccidere come un potente film-laboratorio su cui svetta l’auctoritas di Helen Mirren e Alan Rickman.
Il diritto di uccidere [Eye in the Sky, Gran Bretagna 2015] REGIA Gavin Hood.
CAST Helen Mirren, Aaron Paul, Alan Rickman, Iain Glen, Barkhad Abdi.
SCENEGGIATURA Guy Hibbert. FOTOGRAFIA Haris Zambarloukos. MUSICHE Paul Hepker, Mark Kilian.
Drammatico, durata 102 minuti.