Da un’ascesa sontuosa e folgorante ad una caduta repentina e rovinosa. La seconda stagione della serie televisiva Narcos, creata da Chris Brancato, Carlo Bernard e Doug Miro per Netflix, riprende la narrazione dalla fuga di Escobar dal suo rifugio dorato La Catedral: Pablo torna libero, e alle sue condizioni. Non più sotto diktat del governo colombiano, il patrón è pronto a rioccupare il posto di comando. Ma il destino del narcotrafficante è, in realta, segnato: è la Colombia a dire no, a spodestare dal trono un falso Robin Hood rivelatosi tiranno sanguinario.
Torna in tutta la sua perfezione narrativa una serie che dell’equilibrio tra fiction (voice over, uso drammatico del montaggio) e realismo (filmati di repertorio, dialoghi in spagnolo) ha fatto la sua cifra peculiare. Campi lunghi di Medellín sfumano in scene di inseguimento tra i cunicoli di una città labirintica e dai mille colori; sequenze in montaggio alternato legano momenti di normalità domestica ad eventi drammatici come stragi di civili e regolamenti di conti. In primissimo piano, i volti dei protagonisti raccontano storie umane di solitudini, sconfitte, desideri di rivalsa e giustizia, paura, rassegnazione. Narra il popolo colombiano Narcos – quella sua brama di sopravvivenza pur nella disperazione della povertà più atroce – e lo fa attraverso l’intreccio di esistenze individuali in cui l’umanità di ciascuno, anche quella dello spietato Pablo, trova alla fine la sua giusta valorizzazione. Performance attoriali da metodo Stanislavskij – Wagner Moura su tutti – e atmosfere che rimandano a Il padrino e Quei bravi ragazzi, senza dimenticare la lezione di una serie come The Wire: un tessuto di storylines sviluppate in senso orizzontale in episodi dalla struttura fluida, ad incastro, per dar vita ad un prodotto che il giornale inglese The Telegraph ha definito “devastatingly addictive”.
Un ulteriore successo che si aggiunge ad una lista già ricca di moderni prodotti seriali da consumare in modalità binge watching: House of Cards, Orange is the New Black, Bloodline, Marco Polo, Marvel’s Jessica Jones, Stranger Things. Tutti rilasciati in blocchi di stagioni complete, tutti targati Netflix. Uno streaming service che diventa paradigma di libertà: tempi di attesa ridotti a zero, serie che si concepiscono e si fruiscono come film, abbonamenti mensili accessibili ai più. Prodotto tipico dell’era della convergenza, la piattaforma sradica il concetto tradizionale di palinsesto e alla varietà e qualità dell’offerta affianca l’iniziativa personale, gestita in autonomia, della visione; la combinazione perfetta per un pubblico di spettatori esigenti ed insaziabili. Con un’unica controindicazione: come la polverina magica di Escobar, una volta provata, di Netflix non si potrà più fare a meno.