I disperati che salveranno Roma
Quando si parla di “rinascimento” del cinema di genere in Italia, spesso si citano come esempi lungimiranti Lo chiamavano Jeeg Robot e Veloce come il vento. Ed è vero, i film rispettivamente di Mainetti e Rovere sono due prodotti eccellenti: da un lato lo sfrontato tentativo di film supereroistico in salsa romana; dall’altro una intelligentissima emulazione delle pellicole sportive americane, condita con influenze romagnole.
Ma se di coraggio e nuove strategie produttive stiamo parlando, non esistono solo le due opere sopraccitate: c’è anche Smetto quando voglio, ad esempio. Pur non nascondendo la sua natura derivativa (le analogie a Breaking Bad sono molte, per quanto siano servite solo da spunto) la action comedy di Sidney Sibilia è stata per molti un immediato colpo di fulmine nel 2014. Due le principali carte vincenti del prodotto: il continuo riferimento alla reale situazione lavorativa italiana – con la laurea che diventa quasi un peso da nascondere – e la pressoché totale incapacità di prendersi sul serio. Il tono di Smetto quando voglio è la tragicommedia, lo stesso che attraversa il pubblico di riferimento del film, ovvero i trentenni immersi nel mondo dei voucher e della bieca sottostima delle proprie capacità. Smetto quando voglio – Masterclass riparte da qui, e anzi aumenta il carico: la banda dei ricercatori è nei guai, e per poter riavere la propria fedina pulita accetta l’offerta di collaborare in incognito con la polizia per bloccare lo spaccio delle smart drugs in circolazione. Il problema per lo spettatore è la necessaria conoscenza pregressa del capostipite (risolta attraverso un preambolo frizzante ma forse troppo articolato), mentre l’annosa questione per i protagonisti è se giocarsi il tutto per tutto passando dalla parte dei – sulla carta – “buoni”. «La sicurezza di Roma è in mano a questi disperati?» dirà il commissario molto dubbioso sulla validità dell’operazione, ed è probabilmente la chiave di lettura più interessante della sceneggiatura scritta tra gli altri da Luigi Di Capua dei The Pills. Perché – come la drammaturgia americana insegna – il mondo può essere salvato solo da un manipolo di emarginati, un branco di reietti della società. Che in Italia sono le migliori menti scentifiche sulla piazza, tanto per capirsi. Un incastro che funziona anche metacinematograficamente: in scena c’è un drappello di attori sottovalutati del cinema italico, formato non a caso da alcuni personaggi (Pietro Sermonti, Valerio Aprea, Paolo Calabresi) della fuoriserie Boris. Per quanto questo sequel possa risultare a tratti poco credibile e macchinoso in alcuni passaggi, non si può negare l’evidenza: la trilogia (ebbene sì) di Smetto quando voglio è un progetto di qualità, da sostenere e difendere.
Smetto quando voglio – Masterclass [Italia 2017] REGIA Sidney Sibilia.
CAST Edoardo Leo, Greta Scarano, Pietro Sermonti, Valeria Solarino, Giampaolo Morelli.
SCENEGGIATURA Sydney Sibilia, Francesca Manieri, Luigi Di Capua. FOTOGRAFIA Vladan Radovic. MONTAGGIO Gianni Vezzosi.
Commedia/Azione, durata 118 minuti.