Tanti film, ben nove, in gara per questa 89° edizione del premio più ambito, viatico per un successo al botteghino che ultimamente i Festival europei non sanno più regalare, chiusi come sono dentro un’ampolla elitaria che sfiora il paradosso girando le spalle al grande pubblico.
Non che l’Oscar 2017 presenti nella gara finale film popolari, tutt’altro, ma tutti hanno la capacità di andare incontro allo spettatore, scuoterlo dalla poltrona e addirittura farlo ballare, come riesce a La La Land, il musical di Damien Chazelle che batte tutti i record di nomination. Ma insieme al duo danzante Gosling-Stone c’è tanta qualità narrativa, con tre film che – dopo il Sundance e Toronto – arrivano dalla Festa del Cinema di Roma: Manchester by the Sea, Lion e Moonlight, quest’ultimo vero e proprio outsider. Il film di Barry Jenkins infatti sembra avere dentro l’energia giusta per dar la possibilità ai giurati di sorprendere, lanciando anche, in un momento così difficile per l’America di Trump, un messaggio forte e schierato.
I ghetti, l’emarginazione e l’omosessualità, tutto ciò di cui si dibatte ora negli Stati Uniti è racchiuso in quest’opera “contro” che, con preveggente sagacia, diventa “barricata culturale” per dirla con le parole di David Rooney, editorialista di Hollywood Reporter. Ed in effetti ho la sensazione che mai come in questa edizione il mondo del Cinema attraverso i suoi giurati possa mandare un segno di grande “resistenza”, visto lo scontro frontale che l’ultima campagna elettorale ha espresso e che l’elezione del tycoon newyorkese ha acuito con il mondo della settima arte. Uno scontro che ha visto in prima fila anche una delle candidate all’Oscar, Meryl Streep, apostrofata dal neo presidente con epiteti mai sentiti nella sala ovale neanche nel becero periodo di “W” Bush.
La sorpresa allora può esser Moonlight, visto che la Festa di Roma porta anche fortuna (o meglio sa scegliere); chi è passato dalle sponde del Tevere infatti ha spesso trionfato a Los Angeles, è già accaduto a Still Alice, Dallas Buyers Club e Her.
E gli italiani? Beh, la soddisfazione per la candidatura a Miglior Documentario del sopravvalutato Fuocoammare di Rosi ci può bastare. Al netto dell’emozione che il film ha suscitato, esso obiettivamente sembra lontano miglia nautiche dal premio.
Certo, indovinare cosa passa nella mente dei giurati è compito arduo, ma non impossibile. Mi espongo in una previsione, pronto ad esser smentito: Miglior Film Lion per la sua toccante storia d’immigrazione; Miglior Regia a Chazelle perché La La Land è sublime; Miglior Attore Viggo Mortensen per il suo Captain Fantastic; Miglior Attrice Natalie Portman per la sua Jackie, perché mai come quest’anno la nostalgia per un uomo come JFK si farà sentire.