Wakaliwood sul Tevere
Altin Rama è uno scrittore albanese arrivato in Italia assieme ad altri migliaia di migranti nel 1991. Lavora a Roma come aiuto macellaio ma un giorno scopre il contest televisivo “Masterstory” in cui l’avvenente e attempata Mara Le Monde cerca una “storia” da trasformare in un bestseller mondiale. La vittoria di Altin dovrebbe aprirgli la strada cercata per tanto tempo verso il successo, invece trasforma la sua vita in un incubo infinito.
Disorientamento. Questa parola emerge spesso durante la visione di Altin in città nella mente dello spettatore che avrà la (s)fortuna di vedere l’opera seconda di Fabio del Greco. Il gioco di parentesi è d’obbligo e non riguarda una diatriba sul gusto in cui un larsvontrieriano si potrebbe accanire contro il Marvel Cinematic Universe o viceversa. Riguarda l’idea, molto più antica, di cosa sia cinema. Per esempio, possiamo accettare in un film un campo e controcampo costruito con due materiali evidentemente prodotti in momenti, luoghi e con formati diversi? Possiamo accettare una fotografia che non tenga in minima considerazione le leggi della continuità? Possiamo accettare una scrittura talmente stereotipata da diventare paradossale, come nel miglior Maccio Capatonda? Possiamo accettare scene girate nel salotto di casa o nella cucina della nonna? Possiamo accettare un audio per lunghi tratti inudibile? Se la risposta a tutti (o quasi) i quesiti è “sì” allora possiamo accettare che Altin in città esca nelle sale, anche se bisognerebbe interrogarsi sul perché, in tutta la Toscana, l’unica ad averlo in programmazione sia un Multiplex. Siamo di fronte al tentativo di un film, a un’inguardabile opera seconda ma anche a un esperimento al quale dobbiamo riconoscere il coraggio dell’arrangiarsi (in questo senso più simile ai prodotti di Wakaliwood che non al cinema italiano indipendente degli anni Sessanta, vedi Silvano Agosti) e una certa originalità nel tratteggiare l’ipocrisia dei talent, macchine che svuotano i concorrenti per rimpinzare l’ego dei giudici. Ma non potendo definirlo propriamente un’opera cinematografica, piuttosto un super-film amatoriale, diventa impossibile valutarlo con lo stesso metro di giudizio utilizzato per tutte le altre uscite (ecco perché l’assenza di stelle). Solo così, forse, è possibile riconoscergli il giusto valore.
Altin in città [Italia 2017] REGIA Fabio del Greco.
CAST Rimi Beqiri, Chiara Pavoni, Roberto Fazioli, Giuseppe Panebianco.
SCENEGGIATURA Fabio del Greco, Massimiliano Perrotta. FOTOGRAFIA Fabio del Greco. MUSICHE Stefano Agnini.
Drammatico, durata 127 minuti.