SPECIALE DUELLANTI
I must break you
Il quarto capitolo e terzo fortunato sequel di Rocky (1976), diretto e sceneggiato da Sylvester Stallone, ormai entrato nell’immaginario collettivo per l’incisività (e l’ingenuità) del suo conflitto portante, si apre con una ferita aperta nel cuore del protagonista e dell’America tutta.
La morte di Apollo Creed, celebre contendente di Rocky, poi suo allenatore e amico fraterno, segna un aggiornamento della tensione che i precedenti capitoli sembravano aver perduto: l’eroe che, da avversario, Rocky aveva convertito in sodale, scompare violentemente sotto i colpi inarrestabili e meccanici del campione sovietico Ivan Drago, in una vera e propria messinscena politica, intesa nella sua chiave più sciovinistica, in cui la bandiera a stelle e strisce che riveste lo stesso corpo della vittima viene stracciata e calpestata dal freddo impeto dell’URSS. Da qui il desiderio di rivalsa di un eroe che mette davanti al proprio percorso i valori umani della solidarietà e della memoria, ma tant’è si fa emblema e icona di un Paese intero, del suo bisogno di umiltà, di un ritorno ai cardini artigianali del suo essere “guida”: chi ricorda la pellicola, che nel 1985 si proponeva come eco e contraltare all’escalation militare reaganiana e culmine della Guerra Fredda (anche le parti sovietiche furono girate negli Stati Uniti), non rievoca dei duellanti soltanto il combattimento finale, ma specialmente la sequenza in montaggio alternato dei loro training fisici. Ivan Drago macchina perfetta messa a punto da un sistema politico fatto di esperti e di avanzatissima tecnologia, Rocky Balboa fragile umano immerso nella natura invernale, impegnato – oggi quasi ne rideremmo – a tagliare la legna, trainare calessi immersi nella neve, fare addominali appeso alla trave portante di una fattoria. Il gioco postmoderno della reinvenzione e dello stereotipo verosimile, tanto più evidente quanto più intriso di conflitto, troverà il suo acme nell’infinito scontro sul ring tra Rocky e Drago, dove il sovietico esclama, prima ancora di colpire, “I must break you” (in italiano tradotto con la variante surreale “Ti spiezzo in due”), tradendo tutto il suo essere vittima e strumento di una volontà superiore, che lo ha dotato di tutto tranne che dell’anima e della libertà di Rocky. In un tripudio estetico di dissolvenze ellittiche, split screen e montaggio serrato, la lotta di Rocky trova il modo di lanciare anche una sfida pacifista, opponendosi all’odio e alla cieca ambivalenza che la vicenda stessa ha innescato. Su tutto, le musiche aggiornate agli anni Ottanta di Vince DiCola, a loro modo avanguardiste nell’uso del sequencer. Enorme successo commerciale, il duello di Rocky IV è camp, è scult, è cult, proprio come il suo autore.
Rocky IV [id., USA 1985] REGIA Sylvester Stallone.
CAST Sylvester Stallone, Talia Shire, Burt Young, Brigitte Nielsen, Dolph Lundgren.
SCENEGGIATURA Sylvester Stallone. FOTOGRAFIA Bill Butler. MUSICHE Vince DiCola.
Drammatico, durata 91 minuti.