35° Torino Film Festival, 24 novembre – 2 dicembre 2017, Torino
Ultimo tango a Tbilisi
Tra i film più sperimentali visti al Torino Film Festival quest’anno, l’esordio del georgiano Alexandre Koberidze è un film-fiume di quasi tre ore e mezza, interamente girato utilizzando un cellulare vecchio di sei anni.
Tenendo conto di queste premesse, la sfida di Koberidze si rivela in tutta la sua chiarezza e difficoltà: portare avanti una narrazione finzionale, per quanto destrutturata, centrifuga e sfilacciata, alternandola a riprese sinfonico-documentaristiche sulla metropoli di Tbilisi (che, se invece fosse stata filmata in alta definizione, non avrebbe potuto nascondere le sue rovine postbelliche) e a digressioni liriche di grande poesia. Il tutto potendo contare solamente su una tecnologia così desueta da condizionare in modo determinante l’aspetto finale del film. Si evidenzia subito, quindi, un forte contrasto, in Let the Summer Never Come Again: una simmetria inversa, in cui la durata del film trasgredisce la norma della commerciabilità, mentre la componente tecnologica impone delle limitazioni fortissime. Questa dicotomia finito/infinito è ben sintetizzata dalla didascalia con cui si apre il film: “L’amore non ha una fine, una storia ce l’ha sempre. Ora vedrete una storia d’amore”. Nel racconto dell’amore tra due giovani uomini il pixel a tutto schermo diviene la regola di composizione generale di un’immagine sgranata, zoommata, rubata, in cui il colore prevale, con effetti pittorici. Le figure sono spesso inintelligibili, fantasmi in movimento, che vagano nella notte. Se qualche precedente viene alla mente, nella filosofia creativa di questo film, davvero sorprendente per come sfrutta al massimo le potenzialità estetiche offerte dagli scarsi mezzi a disposizione, è in tutto quel cinema underground o d’avanguardia degli anni Sessanta e Settanta, in cui sono solo l’astrazione e il concetto a dare forma all’opera. Un cinema di pensiero, che richiede allo spettatore una grande concentrazione, lo interroga sul senso del cinema, costringendolo a un regime di attenzione speciale, per poi premiarlo con la bellezza innegabile di alcune sequenze. A livello sonoro, rumori di fondo ossessivi, pochi dialoghi e musica extradiegetica, di fondamentale importanza nei cambi di tono e di grande eterogeneità (sviolinate classiche per le inquadrature del cielo, brani struggenti da melò hollywoodiano, piano ragtime in una scena quasi slapstick, lounge music da spy story, neomelodici georgiani, hip hop cartvelico…). E la voce over di una misteriosa narratrice onnisciente, che spesso anticipa ciò che si vede sullo schermo, e di un uomo, che, al principio di ogni capitolo, racconta momenti della propria vita da adolescente, mentre vediamo un proiettore, una pellicola che scorre, in una sala vuota. Il cinema è morto, evviva il cinema.
Let the Summer Never Come Again [Id., Germania/Georgia 2017] REGIA Alexandre Koberidze.
CAST Mate Kevlishvili, Giorgi Bochorishvili.
SCENEGGIATURA Alexandre Koberidze. FOTOGRAFIA Alexandre Koberidze. MONTAGGIO Alexandre Koberidze.
Drammatico/Sperimentale, durata 202 minuti.