Fare una commedia non è facile
In Io sono tempesta di Daniele Luchetti l’ambiguità politica di fondo, lo sguardo sulla contemporaneità italiana sfocato, simile a quello che si ha sulle borgate se osservate dalle terrazze dei Parioli, e la voglia di dare un colpo al cerchio e uno alla botte vengono messi in secondo piano.
Per due motivi; il primo è che il film ha evidenti problemi di scrittura. Sembra, come già fatto notare da Alberto Pezzotta nella recensione pubblicata su Film Tv, la prima stesura di un soggetto e non una sceneggiatura rielaborata. Il secondo è che Daniele Luchetti mostra di non essere a suo agio con la commedia e con l’atmosfera “pop” data a questa favola dal retrogusto sociale sullo scontro tra ricchi e poveri che diventa incontro grazie all’insostenibile e indiscreto fascino del Dio denaro. Anzi, la prospettiva di fondo, quella per cui i poveri sono persone, quindi né necessariamente “buone” né necessariamente “cattive”, di per sé avrebbe permesso di fuggire al paternalismo sostanzialmente classista dello sguardo tipico radical chic, seguendo la lezione di Ettore Scola, di Sergio Citti e del suo Ostia, di Pasolini e di molta commedia all’italiana. In particolare quest’ultimo è il modello a cui Luchetti si ispira, a partire dal nome dell’imprenditore protagonista costretto ai servizi sociali per evitare la galera e interpretato da Marco Giallini; in “Numa Tempesta” riecheggiano infatti quei nomi evocativi e già di per sé incisivi di molte commedie all’italiana. Manca però quella lucida cattiveria di fondo necessaria a realizzare una commedia più umana che politica in cui tutti, ricchi e poveri, sono pronti a chinarsi al primo miraggio d’arricchimento anche illegale. Sarebbe potuto essere un film cattivo, problematico, ambiguo e lucido su un’intera società dedita al materialismo più puro e all’illegalità diffusa nel grande come nel piccolo; come classica commedia di costume, o come commedia più “lunare”, considerata l’atmosfera pop di fondo. Luchetti accenna entrambe le strade, facendo però capire ben presto di non avere intenzione di seguire né l’una né l’altra, realizzando così un’opera accomodante e innocua che, cosa peggiore, fa finta di non esserlo. Così, anche l’imprenditore corrotto fino al midollo non è visto come un criminale, ma bonariamente come un “cojone” che si è fatto beccare.
Come accennato all’inizio, però, al di là di tutto questo, decisivi nel far crollare il film sono la scrittura quasi improvvisata e soprattutto il disagio del regista nei confronti della commedia; tempi comici sbagliati, caratteri che non sono né maschere né personaggi a tutto tondo, un tono che non è né da commedia di costume né da commedia “lunare” e una pesantezza generale che blocca anche i pochi momenti ironici e divertenti.
Io sono tempesta [Italia 2018] REGIA Daniele Luchetti.
CAST Marco Giallini, Elio Germano, Eleonora Danco, Francesco Gheghi, Franco Boccuccia.
SCENEGGIATURA Giulia Calenda, Daniele Luchetti, Sandro Petraglia. FOTOGRAFIA Luca Bigazzi. MONTAGGIO Mirco Garrone.
Commedia, durata 97 minuti.