Cappuccetto nero
Pace, natura e alberi in quantità. Quale luogo migliore di una foresta per suicidarsi? A Floresta das Almas Perdidas, premiato debutto di José Pedro Lopes, parte da un topos ormai caro al cinema: Ricardo e Carolina, distanti per età e vedute, si incontrano alle soglie della foresta, apparentemente spinti dallo stesso richiamo.
Come in The Sea of Trees di Gus Van Sant e in Jukai – La Foresta dei suicidi di Jason Zada, l’addentrarsi nel folto delle fronde reifica la volontà di oltrepassare il confine. Abbandonare le spoglie del passato e intraprendere il cammino limbico per consegnarsi alla morte volontaria. Protagonista dei film precedenti era la regione giapponese di Aokigahara, tristemente celebre per ospitare in media un centinaio di suicidi all’anno. José Pedro Lopes ambienta invece la vicenda in Portogallo, relegando il confronto con la cultura orientale a un breve e ironico riferimento en passant. A interessarlo è soprattutto l’atto, inteso come scelta, premesse e implicazioni. Per questo la prima parte del film è doppiamente propedeutica. Da una parte, il regista dissemina indizi, verbali e figurativi, dei successivi colpi di scena. Memore della lezione di Cechov, costella il percorso di oggetti e strumenti che poi assolveranno a specifiche funzioni. Allo stesso tempo costruisce fin dall’inizio un impianto foriero di morte. Dai titoli di testa in stop motion di una scheletrica foresta in cartapesta, agli stacchi sul nero del montaggio che scandiscono la sequenza iniziale, macabri segni di interpunzione evocatori del termine ultimo. Accompagnati dalla musica elettronica, in efficace contrasto con il lirismo del paesaggio, Carolina e Ricardo mettono in campo etica e motivazioni reciproche, mentre il regista dilata il ritmo dell’horror in un’esibita ricerca formale. Tutto in The Forest assume un valore, dal fuori campo riservato ai suicidi, in bilico ambiguo tra rispetto e rifiuto, al ruolo semantico della fotografia, qui più che mai esperienza di morte, memento mori per chi sopravvive e ingannevole simulacro di vita. Se l’estetica è compiaciuta, non è mai fine a se stessa. Il bianco e nero poco contrastato oppone i personaggi ma diluisce i confini tra i luoghi, anticipandone la contaminazione. La salvezza non è certa fuori e dentro la foresta, così come nell’hanekiana sequenza dell’home invasion. La lama bianca del coltello e il metallo nero della pistola finiscono entrambi per rivelarsi correlativi oggettivi della violenza suicida. Non quella morale verso se stessi, ma quella fisica verso chi rimane.
A Floresta das Almas Perdidas [The Forest of Lost Souls, Portogallo 2017] REGIA José Pedro Lopes.
CAST Daniela Love, Jorge Mota, Mafalda Banquart, Ligia Roque, Lilia Lopes.
SCENEGGIATURA José Pedro Lopes. FOTOGRAFIA Francisco Lobo. MUSICHE Emanuel Gràcio.
Drammatico/Horror, durata 71 minuti.