Umano, troppo (poco) umano
La registrazione della live performance di Ricky Gervais all’Eventim Apollo di Londra segna il ritorno del comedian britannico con un nuovo show a sette anni dal precedente, senza dimenticare la controversa tappa dei Golden Globes per cui sarà annoverato tra i conduttori più provocatori di sempre.
Netflix impacchetta tutto ma, come sempre nel caso dei live comici, anche in Ricky Gervais: Humanity a contare sono esclusivamente la scrittura dell’autore e la prova scenica, i tempi e la postura del performer. Che nel 2018 è sempre più maturo e consapevole non solo di cosa significhi comicità, ma di come portare ai suoi più gustosi estremi la riflessione sulla sua ricezione e sul suo ruolo sociale, in un momento storico in cui tecnologia e social media rappresentano al contempo un catalizzatore di relazioni e di odio gratuito e indiscriminato.
Fin dal titolo a regnare è il paradosso (“Non so il perché di questo titolo. Non sono un grande fan. Preferisco i cani.”), che Gervais declina secondo le pratiche di una comicità osservativa senza remore e senza filtro: dopo una prima parte di spettacolo libera, arbitraria e irresistibile, tutta maieuticamente incentrata sul rapporto fra trasformazione e sopravvivenza (Gervais sembra conoscere Relazione per un’accademia di Kafka quando ne rovescia gli assunti immaginando come sarebbe tornare ad essere una scimmia) e sulla dettagliata illustrazione del perché un uomo non debba sentirsi obbligato a desiderare un figlio, nella seconda metà lo show trascende il semplice intrattenimento per farsi vera e propria digressione sul valore del comico in rapporto al contesto e al pregiudizio: smontando, passaggio logico dopo passaggio logico, la deriva dei social per cui oggi a contare è soltanto la versione più retriva del motto “la mia opinione conta quanto la tua”, ormai divenuto “la mia opinione conta più dei fatti”, al punto che essere popolari è più importante che essere giusti, e che un tweet o uno status oggi rappresentano il più fertile incubatore possibile di stupidità e incertezza. Fino ad una straordinaria, commovente conclusione di monologo, in cui Gervais restituisce tutto il valore catartico che uno scherzo, una risata, o una semplice battuta possono portare contro il dolore, anzitutto privato, che del resto è il primo nodo sensibile della nostra storia. Se pensi a una cosa che fa divertire, devi dirla, comunque vada: contestualizzare la sofferenza e saper ridere potrebbero essere i nuovi metri per dirci davvero (e di nuovo) umani.
Ricky Gervais: Humanity [id., USA 2018] REGIA John L. Spencer.
CAST Ricky Gervais.
SCENEGGIATURA Ricky Gervais.
Live show comico, durata 79 minuti.