ITALIANI BRAVA GENTE – A cura di Gabriele Baldaccini
Giù la maschera
Virilità di Paolo Cavara racconta la Sicilia alla metà degli anni Settanta del secolo scorso. Esponendo gli aspetti di un contesto pubblico perlopiù borghese e arricchito, riesce a mostrare, con l’immagine di quella regione, buona parte dell’Italia intera.
In particolare, il discorso si focalizza sugli stereotipi e i contrasti tra le espressioni sociali arcaiche e quelle moderne. Quello che ne viene fuori è il ritratto raffinatamente ironico di Vito La Casella (uno straordinario Turi Ferro) − rampante cinquantenne proprietario di un’azienda che produce tonno in scatola − e del mondo che a lui ruota attorno; il Nostro deve sottostare all’invisibile (e nemmeno più di tanto) regime moralista di un paesello del messinese che lo giudica in quanto sostiene che suo figlio, da poco ritornato da un soggiorno a Londra, sia un “purpu” (termine siciliano che significa polpo, la cui accezione spregiativa è quella di gay). L’uomo non ci sta e, nonostante rischi di essere considerato un “curnutu”, farà di tutto per salvare la mascolinità del figlio. Non mi sento di andare oltre nel raccontarvi la trama (seppur per molti aspetti prevedibile), perché Virilità è un film che si fa e si (tras)forma − più di quanto si pensi − strada facendo. Vive di dettagli e di costruzioni caratteriali per far sì che si contrappongano e cortocircuitino due delle più inquietanti offese che un siciliano possa subire: quella di essere cornuto e, appunto, quella di essere omosessuale. Ma nella parola “virilità” Cavara e gli sceneggiatori Simonelli e Callegari racchiudono pure la lotta inattuabile a un maschilismo inestinguibile: è impossibile anche solo far finta di essere moderni in quella Sicilia, perché l’eco del passato oscurantista intrappola gli individui come farebbero i tentacoli di una piovra (o di un polpo, tanto per restare in tema). Resta allora (come per il figlio di La Casella) un’unica possibilità: l’addio, la fuga, la smaterializzazione. In questo senso Virilità è un film che ci dice molto anche sul presente: non possiamo vivere in una società senza accettarne le regole non scritte, non possiamo sottrarci al suo mondo fatto di apparenze senza prima averne compreso i meccanismi e gli inganni, non possiamo appartenere alla realtà senza prima essere scesi a compromesso con la stessa; è purtroppo un mondo fatto di maschere che esclude chi non le indossa o che lo costringe − come nell’agrodolce finale del film − a (soprav)vivere assieme a chi l’ha definitivamente e da tempo gettata.
Virilità [Italia 1974] REGIA Paolo Cavara.
CAST Turi Ferro, Agostina Belli, Marc Porel, Tuccio Musumeci, Anna Bonaiuto, Geraldine Hooper, Maria Tolu.
SCENEGGIATURA Giovanni Simonelli, Gian Paolo Callegari. FOTOGRAFIA Claudio Cirillo. MUSICHE Daniele Patucchi.
Commedia, durata 92 minuti.