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In questo numero

Civil War e il Marvel Cinematic Universe

sabato 27 Aprile, 2019 | di Mattia Filigoi
Civil War e il Marvel Cinematic Universe
Marvel / DC
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Lo schema Civil War
Si è già detto tanto su quelle opere e quelle serie spesso considerate pietre miliari della storia del fumetto, albi e graphic novel che rileggono e rinnovano la figura del superuomo psicanalizzandone alcuni dei più celebri esponenti (Arkham Asylum), ragionando sul loro ruolo nella società (Il ritorno del cavaliere oscuro, Watchmen) e sui rapporti con le “persone normali” e le istituzioni (Marvels, gli X-Men), o parodiando il linguaggio dei comics e dell’intera industria culturale sviluppatasi sopra (Deadpool, Rat Man).

Si tratta di albi pubblicati tra gli anni Ottanta e Novanta, cui il cinema ha timidamente attinto solo dagli anni Duemila. Il Batman di Nolan ad esempio contiene fortissime influenze milleriane, non presenti nel Batman di Burton cronologicamente più vicino all’uscita de Il ritorno del cavaliere oscuro, ma è ovviamente con il Marvel Cinematic Universe che si hanno i risultati più interessanti. A cominciare dalla struttura in fasi che lo compone, che pare la versione filmica del concetto di “progetto/oggetto” di Frank Zappa, dove ogni singolo progetto, a qualsiasi campo appartenga, fa parte di un oggetto più vasto, una macrostruttura che tutto lega seguendo una continuità concettuale ben stabilita e pianificata nel tempo, con «l’aggiunta forzata di scappatoie e strade percorribili allo scopo di adattarsi alle meccaniche del destino e inoltre  tutte le incertezze statistiche» (sempre Zappa, dalla sua autobiografia).
In realtà non serve scomodare Zappa, basta restare in casa Marvel e ragionare su Civil War, ufficialmente una miniserie in sette albi scritta da Mark Millar e disegnata da Steve McNiven, in realtà un immenso oggetto che dal giugno 2006 al gennaio 2007 ha coinvolto quasi tutte le pubblicazioni della casa editrice in un’unica grande storia, contribuendo al suo sviluppo e subendone gli effetti, intersecando magistralmente le vite di ogni singolo personaggio, anche il più secondario. Ad esempio: in un albo Peter Parker rivela in tv la sua identità? Nell’albo dei Fantastici 4 pubblicato poco dopo, Sue e Reed Richards vedono Parker in tv, e gli telefonano. Nel numero successivo di Amazing Spider-Man viene riproposta la telefonata sotto un diverso punto di vista e con l’aggiunta di particolari. Un’impresa tutt’altro che semplice, considerata la quantità di personaggi Marvel interessati, magari anche protagonisti di uscite speciali e miniserie laterali come Civil War: Frontline, tutt’altro che divagazioni dal tema ma spesso fonti preziose di dettagli e informazioni che meglio inquadrano il contesto generale.
Gli albi di Civil War pubblicati periodicamente diventano punti cardine di un mondo così variegato, fanno avanzare la linea narrativa principale, tirano le fila di tutte le sottotrame e gettano le basi per ciò che verrà. Si possono leggere a se stanti, ma il bello è tutto quello che sta nel mezzo, negli albi dei singoli eroi, nel loro evolversi psicologico, nel tentativo di rendere contemporaneo ogni evento a tutte le serie, con un’attenta pianificazione delle uscite.
È palese la rimediazione di questa struttura nel Marvel Cinematic Universe imbastito da Kevin Feige (presidente dei Marvel Studios dal 2007), che organizza ogni uscita dei film e ogni loro sviluppo narrativo allo scopo di creare una continuità concettuale e temporale coerente e riconoscibile in un marasma di storie, personaggi e mondi così eterogenei. Divide tutto in fasi, ognuna con un certo numero di film indipendenti tra loro ma legati dalla condivisione di un mondo comune, da concludersi con un grande evento in cui sono tutti riuniti e dove vengono tirate le fila generali e impostate le prossime mosse, la prossima fase: i film degli Avengers. Un mondo che presto si espande anche alla serialità televisiva, ulteriore passo in direzione della complessità di Civil War. Se non altro per l’abilità nell’intersecare la messa in onda della serie con le uscite dei film nei cinema, portando la continuity temporale del Marvel Cinematic Universe a ulteriori livelli di complessità. Una prova è nell’incastro degli episodi della prima stagione di Agents of Shield, la serie dedicata al redivivo agente Coulson e la sua squadra anti-Hydra: negli USA, il pilot della serie è andato in onda il 24 settembre 2013, con nuove uscite settimanali. Thor: The Dark World uscì in sala l’8 novembre: nell’ottavo episodio, (19 novembre), la squadra di Coulson si ritrova all’Università di Greenwich, campo di battaglia nelle recenti avventure del dio del tuono asgardiano. Allo stesso modo, i tragici sviluppi narrati in Captain America: The Winter Soldier (uscito il 4 aprile 2014, sempre in America, eh!) si riflettono pesantemente sulla serie a partire dal 17° episodio, in onda l’8 aprile.
Potranno piacere o meno, i film coi supereroi, ma bisogna riconoscere alla Marvel l’audacia del piano e il suo minuzioso svolgimento, l’abilità nel rimediare con estremo successo una particolare struttura editoriale e narrativa estremamente rischiosa dal punto di vista del mercato. Si tratta di una struttura ormai riconoscibile e consolidata, al punto da essere diventata non solo oggetto di scopiazzature (DC sto parlando con te), ma anche di autoriflessione parodica sulle sue pratiche e linguaggi (si veda Deadpool), e che dato il suo successo può finalmente permettersi di approfondire tematiche sociali, politiche, morali, e cercare di rendere più inclusivo il suo parterre di personaggi. Ovvero, riprendere non solo la struttura di Civil War, ma anche i discorsi progressisti che ne pervadono ogni pagina, e solo scalfiti nel Marvel Cinematic Universe degli ultimi anni. Vedremo come e se questi aspetti verranno sviluppati in futuro, se non altro per togliere quel fastidioso retrogusto di spudorato tentativo di ampliare la platea di interessati anche a settori di pubblico tendenzialmente poco considerati nel genere. D’altronde, un modello da cui prendere spunto c’è già.

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