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Che fare quando il mondo è in fiamme?

sabato 1 Giugno, 2019 | di Vincenzo Palermo
Che fare quando il mondo è in fiamme?
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Chi uccide il messaggero, uccide la parola
Il nesso che collega giustizia, legge e legittimità è al centro della composizione di volti, maschere tribali e clan rivoltosi realizzata da Roberto Minervini, che misura il reale dialogando apertamente con l’opinione pubblica e abbattendo la “fiction” politica e sociale.

In Oro verde di Cristina Gallego e Ciro Guerra, la “mater” degli indiani Wayuu sa che chi uccide un messaggero del popolo toglie vita alla parola, secondo le usanze magiche della rurale Colombia; la rende esangue, priva di senso, svuotata del suo valore performativo e semiologico. A Baton Rouge, nella sua Louisiana, Minervini ritrae la quotidianità di altri indiani vestiti di piume sgargianti, di figli d’arte alle prese con la gentrificazione, di figli di guerra in lotta contro le violenze squadriste della polizia e di figli che annaspano per restare a galla nelle acque putride del Mississippi: sono afroamericani appartenenti ad una cultura residuale e oppressa che aspettano solo di vedere ricostruita la loro identità perduta attraverso una galleria di volti intessuta di parole. Le parole, quelle unità di pensiero che oggi dovrebbero avere un peso, un valore fondativo, come ci ha ricordato il rituale messo in scena da Guerra e Gallego e come ci ricorda Roberto Minervini in tutti i suoi affreschi documentaristici. Non possono essere dette a caso, soprattutto nei canti e nei balli cerimoniali – il film stesso non è che un inno sociale intonato dagli ultimi contro i potenti – che si alternano durante tutto il docu-film per infondere energia dialettica ai quadri etnografici in un dirompente bianco e nero.
La detonazione filmica scaturita dal ruvido Louisiana mantiene intatta la sua forza propulsiva e, in alcune sequenze visionarie pervase da un lirismo magico, si avvicina al tenue idillio bucolico di formazione raccontato in Stop the Pounding Heart, senza per questo annientare la carica eversiva delle immagini. Così, in un valzer ben cadenzato, il grido di battaglia delle Black Panther – no justice, no peace – si intreccia ai rituali sciamanici e ai racconti di individui ai margini che tentano tenacemente di rimanere a galla, contro ogni pregiudizio, contro le forze di polizia conniventi con l’ingiustizia, contro un sistema oppressivo che cerca di togliere prima la dignità e poi la vita stessa a uomini e donne, bambini e antichi custodi di memorie collettive. Come Oro verde e Sofia di Meryem Benm’Barek-Aloïsi, ma sfruttando la piena immersione nella realtà, il regista affronta il tema universale della discriminazione etnica (ri)partendo dall’individuo, in un cammino esemplare in cui i volti e le parole dei singoli acquistano uno spessore sociologico senza precedenti e aspirano a creare un nuovo concetto di comunità.

Che fare quando il mondo è in fiamme? [What You Gonna Do When the World’s On Fire?, Italia/USA/Francia 2018] REGIA Roberto Minervini.
CAST Judy Hill, Dorothy Hill, Michael Nelson, Ronaldo King, Titus Turner.
SCENEGGIATURA Roberto Minervini. FOTOGRAFIA Diego Romero.
Documentario, durata 123 minuti.

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